VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

lunedì 25 giugno 2012

DAMON GALGUT - L'IMPOSTORE



Damon Galgut, nato a Pretoria nel 1963, è uno dei più interessanti scrittori sudafricani. In questo ultimo romanzo restituisce un quadro efficace del suo paese che si specchia nella storia esemplare del protagonista Adam Napier. Tutti i personaggi dell’Impostore sono forti ritratti psicologici e modelli di uno status sociale in un Sudafrica dall’identità sfuggente, le cui uniche certezze sono l’affarismo spregiudicato e il mai sopito odio interrazziale. Un contesto da cui il quarantenne bianco Adam, lasciato il lavoro e ogni bene materiale, tenta di fuggire isolandosi in una casetta di campagna appartenente al fratello Gavin, “un costruttore edile disonesto, ossessionato dalla rubinetteria economica”. L’uomo di mezza età in profonda crisi, autore di una giovanile e mediocre raccolta di versi, vuole riconsegnarsi anima e corpo alla poesia, traendo ispirazione dal magnifico paesaggio del Karoo, circa otto ore da Città del Capo. Un proposito velleitario, quello di liberarsi da ogni compromesso per lasciare spazio al “suo io fondamentale”, di cui lui stesso non appare molto convinto. Il senso di “calma incolore” del suo rifugio, un tempo inchiodato a un’eterna domenica pomeriggio, l’assenza della storia e dei fatti che si svolgono nelle lontane città, lo sprofondando nella depressione e trascorre intere giornate a contemplare gli squallidi locali della vecchia proprietà o le mosse di un misterioso vicino che come lui si nasconde al mondo. Ma anche in questo luogo remoto giungono i segni del disagio generale. Basta fare un giro nel villaggio per accorgersi della povertà, della frustrazione degli abitanti e della situazione pietosa della limitrofa township, il quartiere ghetto dei neri non molto diverso da quelli cittadini. L’opinione della gente attorno alla nuova strada in costruzione, che porta sviluppo ma anche prostituzione e criminalità, oscilla tra aspettative di progresso e nostalgie di un passato bucolico. E’ il tipico contrasto psichico della mentalità sudafricana, divisa tra slancio verso il futuro e conservatorismo. Mentre l’ispirazione poetica di Adam tace e il senso del fallimento personale sembra arrivato a un punto di non ritorno, appare come un fantasma Kenneth Canning, un vecchio compagno di scuola, ex commerciante mezzo alcolista che ha ereditato dall’odiato padre una riserva di caccia nei dintorni. Il sogno del feudatario antica maniera, un appezzamento di terra selvaggia ai piedi di una gola verdeggiante, diventa la meta preferita dei week-end di Adam e nel contesto meno prevedibile svela tutte le nefandezze del Sudafrica da cui l’improbabile poeta aveva preso le distanze. La riserva di Gondwana è oggetto di una speculazione guidata dal trafficante internazionale Genov, che grazie alla complicità dei nuovi politici neri vuole trasformarla in un lussuoso campo da golf. Trascinato da un destino che Damon Galgut scandisce con stile forte e asciutto, Adam Napier si trova immerso in un thriller dall’esito quasi fatale. Diventa l’inconsapevole corriere di soldi consegnati al sindaco per ottenere i permessi abusivi di costruzione e viene irretito dalla trappola erotica di Bimba, la giovane moglie di Canning, ex prostituta d’alto bordo. Fredda e irresistibile, contemporanea amante del pericoloso Genov, la donna prende il posto dell’ambizione poetica. “Quando è a letto con lei, il clamore della coscienza si raccoglie in un calor bianco in cui passato e futuro convergono”. Galgut coglie tutta l’ambiguità del male nascosto nella seduzione femminile fiorita dalla miseria e nella violenta sete di potere delle classi emergenti. Un vortice da cui Adam Napier riesce a scampare all’ultimo tuffo, facendo ritorno a quella civile vita borghese che in fondo era sempre stata la sua.     


Damon Galgut

mercoledì 20 giugno 2012

W.G. Sebald - LE ALPI NEL MARE


Analitica e sinuosa, la prosa di Sebald fa di questi brevi scritti un piccolo tesoro di meditazione letteraria in cui la vita e le visioni strappate al suo fluire dialogano con l’universo delle cose che non sono più, in un intreccio di cronaca e testimonianza, memorie storiche e personali. I quattro racconti editi nella Biblioteca minina adelphiana e tratti dal libro postumo Campo Santo sono il resoconto dell’ultimo viaggio dello scrittore in Corsica. Il percorso inizia con la Breve escursione ad Ajaccio, nel museo del cardinale Flesh, zio di Napoleone e infaticabile collezionista d’arte. L’attenzione di Sebald si focalizza su un duplice ritratto dell’artista lucchese del Seicento Pietro Paolini, un’opera in cui due figure femminili emergono a stento dallo sfondo giocando con una tenebra che svela il sottilissimo panneggio delle vesti. I cimeli napoleonici e la minuscola custode di Casa Bonaparte, straordinariamente somigliante all’imperatore, sono parte di un ambiente rimasto quasi identico a come lo aveva descritto Flaubert nei suoi diari. La clamorosa ascesa di un piccolo monello a spasso per i vicoli di Ajacco fino alla conquista dell’Europa offre lo spunto per una riflessione su quei minimi dettagli che mutano il corso imponderabile della storia, e quindi, poco oltre, sull’umana impossibilità di immaginare una verità attendibile. La passeggiata attorno a Piana, raccontata in Campo Santo, giù fino alla baia adamantina in fondo a un precipizio e poi a ridosso del paese, nel cimitero abbandonato, è un’avventura che approda a un luogo di lapidi divelte, erbe incolte e immagini di estinti incorniciate in ovali sbiaditi da decenni di intemperie. Un funzionario coloniale, un ussaro biondo in uniforme, una ragazza morta nel giorno del suo diciannovesimo compleanno inaugurano una documentata ricognizione attorno ai vari metodi di sepoltura, ai rituali funebri e alla costante presenza degli “antinati” nella quotidianità degli antichi isolani. La narrazione scivola verso un lontano mondo di prefiche o “voceratrici” in bilico tra disperazione passionale e freddezza teatrale, interminabili banchetti funebri e i cosiddetti culpa morti, acciatori o mazzeri, che uscivano di casa nottetempo abbandonando il proprio corpo per compiere cruenti sacrifici dagli effetti mistici. In una terra di faide e banditismo, questo universo di credenze e riti trasformava l’aldilà in qualcosa di vicino, accessibile per vie misteriche, sempre più estraneo a quanto accade in un mondo sovrappopolato, dove il culto dei morti viene progressivamente trascurato e confinato negli effimeri cimiteri virtuali. Le Alpi nel mare inizia nel tono pacato di un reportage sulle foreste diradate dagli abusi umani e da incendi devastanti, un tempo abitate da animali estinti come il mitico cervus elaphus corsicanus, per terminare nei risvolti demoniaci della passione venatoria degenerata in coazione allo sterminio. Si riaffaccia a proposito, casualmente recuperata nel cassetto di un albergo, la Leggenda di San Giuliano dell’amatissimo Flaubert, dove una crescente fobia omicida si arresta solo per la grazia di una trasfigurazione. L’ultimo anello, più esile, del volumetto, “La cour de l’ancienne école”, è un aneddoto di appena tre pagine in cui una fotografia raffigurante il cortile di una scuola a Porto Vecchio scompare e riappare misteriosamente sulla scrivania di Sebald insieme a una gentile corrispondenza. Lo scrittore nato a Wertach, in Baviera, vissuto a lungo in Inghilterra e scomparso prematuramente lasciando opere tra le più notevoli del secondo Novecento, nutriva grande passione per le immagini e arricchiva spesso di fotografie le pagine dei suoi libri, in un esercizio di contrappunto tra il nomadismo digressivo della narrazione e la fissità delle stampe, il movimento vitalistico dello scopritore e un culto profondamente elegiaco suscitato dalle icone del passato.    
W.G. Sebald

mercoledì 6 giugno 2012

LOUIS MASSIGNON - IL SOFFIO DELL'ISLAM, la mistica araba e la letteratura occidentale



Personalità contraddittoria e discussa, ma indubbiamente centrale per la comprensione dell’Islam da una prospettiva occidentale, Louis Massignon ebbe come maestro Charles de Foucauld e fece parte dell’élite intellettuale francese della prima metà del Novecento. Accademico, mistico, diplomatico attivo nei servizi segreti, grande erudito, prete nonché cripto-missionario in terre musulmane, lo studioso delle culture arabe venne imprigionato nel corso di attività spionistiche in Irak, colpito da fatwa dell’Università del Cairo e indagato dal Sant’Uffizio. Fu il protagonista di un’esperienza umanamente ambigua che non sfuggiva all’istinto di appropriazione coloniale e nutriva la sua devozione cristiana con gli apporti della mistica islamica. La Badaliya, società di preghiera cattolica fondata da Massignon nel 1934 di cui fece parte Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, ebbe come riferimento il modello delle confraternite sufi. Questa raccolta di saggi dà una misura delle vaste competenze dello studioso delle grandi figure del rinascimento medievale islamico e rivela il talento mistico dell’autore. La tensione stilistica aggiunge agli scritti saggistici aspetti di comunicazione esoterica. Andrea Celli, nell’introduzione al volume che inquadra storicamente Massignon come il promotore di una rivolta spiritualista nel contesto disincantato degli anni Cinquanta, si sofferma proprio su questo gauchissement, sviamento o stravolgimento percettivo che conferisce coerenza interna a una biografia intellettuale dalle molteplici linee di fuga. I tredici saggi editi da Medusa toccano da una parte un’ampia serie di argomenti che riguardano le influenze della cultura e della religione islamiche sul mondo occidentale, dall’altra si soffermano su alcune figure di mistici, poeti e filosofi musulmani senza tralasciare brevi affondi nel sostrato più sottile delle significazioni coraniche e delle meditazioni sufiche. Louis Massignon, in un esercizio di escatologia comparata, affronta gli studi danteschi di Asin Palacios criticando molte delle supposte fonti islamiche della Divina Commedia e riconducendo le parentele musulmano-dantesche a una comune esperienza mistica piuttosto che a concreti prestiti letterari. Confronta la mistica cristiana dell’Incarnazione e quella musulmana della Trascendenza giungendo all’episodio di San Francesco a Damietta, nel 1219, quando il santo si presentò al Sultano e gli propose di ricorrere all’ordalia del Fuoco per scoprire la realtà dell’Incarnazione. Prendendo spunto dalla tela di Poussin che ritrae Erminia, principessa di Antiochia, inclinata sul corpo di Tancredi ferito, disquisisce di crociate e jihad, amori sublimi e conversioni improvvise, con un accenno a quella Nizam bint Rustum al-Isfahaniya, la Beatriche platonica del grande poeta mistico Ibn Arabi, stregato da un solo sguardo. Intrecciando dissertazioni teologiche, ricostruzioni storiche e aneddoti illuminanti, Massignon ricorda la distinzione propria della lingua araba tra ispirazione poetica e rivelazione religiosa e nello stesso saggio racconta di Clemens Brentano “folgorato” al capezzale di Anna Katharina Emmerick, monaca illetterata, emanante divina dolcezza. Lo scritto su Gérard de Nerval indaga le modalità di accesso all’Islam dell’immaginazione del poeta francese “attraverso un percorso di attrazione magnetico più che magico, per un assenso alla forza verbale di certe affermazioni della Fede musulmana.” Il soffio dell’Islam è un approfondimento della nozione di spirito, designata dalla coppia di termini nafs e ruh, che rimandano ciascuno a forme di respirazione diverse. 

Luois Massignon a 17 anni