VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

giovedì 21 giugno 2018

MALTRATTAMENTI AI PICCOLI TALIBE' DA PARTE DI SEDICENTI MARABUT

Pubblico qui di seguito la lettera giuntami da un'amica di ritorno dal Senegal, dove ha lavorato come volontaria in un centro che offre sostegno a giovanissimi allievi di cattive scuole coraniche, molto spesso maltrattati e costretti a mendicare per strada. La grave situazione degli enfants talibé e della mendicità infantile è una piaga annosa per cui il governo senegalese ha ricevuto diversi moniti dalla comunità internazionale e che tarda a rimarginarsi per via di una generale connivenza di fronte a costumi tradizionali degenerati in veri e propri soprusi ai danni dell'infanzia.
Ma ecco la lettera dal piglio schietto e accorato della mia amica:


Ciao Vincenzo,

sono da poco rientrata dal Senegal e per ringraziarti di tutte le buone dritte che mi hai dato,
voglio condividere con te alcune impressioni.
Il mio è stato un lungo viaggio , anche emotivo, e agli amici che mi chiedono “Com’è andata ? sei felice?” non riesco ancora a dare una risposta semplice.
Questo secondo incontro con il Senegal è nato per dar seguito a un’urgenza , la voglia di fare qualcosa per i bambini talibè, incrociati per caso a gennaio in una periferia di Dakar.
Come sai i talibè o “enfants de la rue” sono bimbi dai cinque anni in su , affidati dalle famiglie a un maestro coranico , il marabut. Ufficialmente studiano e dormono nel Daara , scuola coranica; di fatto, molto spesso, trascorrono le giornate in strada mendicando cibo e soldi.
Ho lavorato come volontaria in un centro di accoglienza diurna, preparando colazioni, cercando di farli lavare, facendo medicazioni, ma anche semplicemente giocando con loro. E mi sono sentita in pace , gratificata.
Questo le prime settimane.
Con il passare dei giorni, poco a poco, ho cominciato a comprendere quello che realmente vedevo e in cui mi ero immersa.
Ti racconto solo di Cheikh e Abi , due dei bimbi speciali che mi hanno fatto riflettere molto.


enfants telibé per le strade del Senegal

Cheikh, appena cinque anni e un visetto rotondo, è arrivato nella nostra infermeria all’inizio di maggio, con evidenti lesioni in tutto il corpicino, viso compreso, e da subito ho cominciato a chiedermi che cosa gli fosse successo …  Devo dire che è stato scioccante capire che aveva subito percosse proprio dal suo marabut, un giovane uomo di circa venticinque anni!
Questa cosa che i maestri spirituali, come metodo educativo, possono picchiare i bambini non mi era nuova, avevo già avuto occasione di sentire altre testimonianze e vedere le ferite, ma  questo era un caso particolarmente grave. Dovevo agire e ho chiesto aiuto al personale senegalese che lavora al centro, in particolare all’infermiere-dottore-assistente sociale che mi ha rassicurato: ci avrebbe parlato lui , minacciandolo!
Io onestamente non sapevo se veramente l’incontro era avvenuto e cosa si fossero detti , ma Cheikh continuava ad arrivare e con i suoi occhi grandi si metteva silenzioso in un angolo, in attesa del suo turno , ogni mattina doccia per contrastare l’infezione in corso e lunga medicazione. Le sue ferite stavano migliorando.
L’ultimo mio giorno di permanenza, come sempre abbiamo ripetuto il nostro rituale, ma una volta ben pulito, come ho provato a mettergli i vestitini nuovi, lui si è agitato moltissimo, aveva veramente paura e ha cominciato a ripetere ossessivamente  in wolof   “ogni volta che mi cambiate i vestiti il Marabut mi picchia”.
Sono rimasta di sasso.
Poi la rabbia. Come poteva quell’uomo essere così vile?
Volevo denunciarlo; ma nulla, mi è stato detto che così facendo nessuno dei suoi talibè sarebbe più potuto venire da noi e molto probabilmente anche gli allievi di altri Daara avrebbero avuto lo stesso divieto.

Abi: un gran simpaticone di otto anni, uno di quelli più assidui , che approfittava di tutti i “servizi” offerti, persino del corso di alfabetizzazione. Un modello di inserimento. Era la soddisfazione di tutti i volontari dell’associazione. Nel pomeriggio, quando il centro era chiuso, Abi e il suo amico fraterno Gaye arrivavano, senza disturbare, ovunque noi ci trovassimo, non importa che fosse un pranzo a casa di una signora senegalese o una festa improvvisata nel quartiere.
Un giorno abbiamo deciso di portare i due amici con noi al mare, gli abbiamo comprato le ciabatte, la frutta, una bibita, abbiamo giocato con loro sulla spiaggia, insomma li abbiamo fatti sentire bambini “normali”, gustare qualcosa che non avevano mai avuto… Beh, quel giorno ha chiaramente rotto un precario equilibrio. Abi è scappato dal Daara, per diversi giorni ha vissuto nascosto nei dintorni della casa in cui eravamo ospitati, si faceva avvicinare saltuariamente. In un paio di occasioni abbiamo provato a farlo ragionare, ma di riprendere la sua vecchia vita proprio non se ne parlava!
Nonostante le difficoltà linguistiche abbiamo capito che tornare avrebbe voluto dire botte sicure, per la fuga e per i soldi che da giorni non consegnava al suo marabut.
Soldi … ?
Si, soldi.
Ogni sera, entro le 19, i talibè devono rientrare e consegnare un certa somma al loro maestro, altrimenti sono guai seri.
Il nostro ospite senegalese aveva inoltre minacciato a gran voce il bambino che se lo rivedeva girare intorno a casa, anche lui lo avrebbe picchiato.
L’infermiere tuttofare si rifiutava di essere messo in mezzo e noi, in quanto toubab, ovvero bianchi stranieri, non saremmo mai stati accettati come interlocutori.
Insomma Abi era disperato e noi pure, presi dall’ansia di non saper come risolvere la situazione .
Fortunatamente è arrivata in nostro soccorso Ngone, la signora senegalese che lavorava con noi . Una donna forte, fiera e dolcissima, che con molta discrezione ha riportato Abi alla sua scuola , dicendo al marabut che era  stata lei ad averlo ritrovato e dandogli i soldi che noi in gran segreto avevamo offerto.

Devo dire che nella mia testa girano ancora oggi molte domande: bisogna rispettare la diversa cultura anche quando ci appare un evidente sopruso? Fino a che punto può spingersi un volontario per non essere dannoso? Questi bambini colmeranno mai  la loro infinita carenza di affetto? Riusciranno a reintegrarsi nella società? E poi ancora … Posso trovare un modo diverso per aiutarli?
Si, posso , anzi lo farò!La mia prossima volta in Senegal sarà con un’associazione che toglie i bambini dalla strada, offrendo loro un’educazione, quando possibile ricongiungendoli alle famiglie d’origine e comunque insegnandogli un mestiere e permettendogli così di diventare adulti , forse un po’ più sereni.
Certo non si può cambiare il mondo , ma  vale la pena lottare anche per aiutarne uno solo.

Un abbraccio



Veronica Khady Lo