Si traduce in un centellinato percorso di
iniziazione, la scrittura di Genna, che annette a sé linguaggi diversi, gerghi
specialistici, in particolare scientifici, si profonde in descrizioni di
acribia funambolesca e nutre la narrazione di una sostanza densamente
speculativa: prosa sofisticata e sontuosa, esempio di raro coraggio in contesti
di facili confezioni editoriali e letture distratte. History è romanzo che
sfida e dilata i canoni tradizionali trasformandosi in un’opera audace da ascoltare
con la necessaria pazienza, senza ansie di definizioni: romanzo di facoltà
digressiva e concentrica, che si disperde lontano per ritrovare ovunque il
punto di inizio e di fine, il centro ovvero la “mente centrale”, come battezza
l’autore la dimensione metafisica e concretamente esperibile di cui è in ricerca
costante. Siamo in tempi di ibridazione dell’essere umano con apparati
artificiali sempre più complessi, supporti e dispositivi informatici e ogni
sorta di realizzazioni avanzate: in un 2018 che prefigura l’avvenire dell’Occidente
dove si muove uno scrittore di radici umanistiche saldamente affondate nel
Novecento rivedute però alla luce di un nuovo millennio sottoposto
all’accelerazione spasmodica del tecnologico. I vecchi parametri sono variati, la
scansione dei principali mutamenti sociali in decenni non ha più il vecchio senso
e si è immersi in società liquide (Genna preferisce “gassose”), per cui i
processi intellettivi sono lanciati in una corsa formidabile, disancorata da eventi
ormai incapaci di segnare tappe di significato sicuro: un’epoca dove ogni cosa
subisce un processo di astrazione, sublimandosi e riducendosi al tassello di un
archivio infinito. Ma quel Novecento precocemente preistorico non può scomparire
e torna nel libro con le memorie di un’infanzia e una prima adolescenza vissute
in un quartiere della periferia milanese, tra scorribande di ragazzini, allucinazioni
domestiche e scoperte di ambigui figuri, di deforme carnalità, che popolano antichi
ricordi come ossessioni elevate al rango di archetipi: segni di un Male
impresso fin dentro le viscere che si rifrangerà nello specchio del mondo a
venire. Lo scrittore che si racconta in History giungerà a un’impasse
allarmante, a momenti di angoscia in cui rasenta il suicidio, a quei paurosi
due ultimi decenni del secolo scorso che sono il preambolo di una svolta
cruciale.
Si può leggere questo romanzo, in tralice, come una progressiva avventura di formazione all’informe, acquisizione graduale di una consapevolezza della vanità universale e quindi di un’inedita facoltà creatrice che da quella vanità prende le mosse. Lo scrittore ormai pronto alla sua palingenesi viene cooptato da un centro di studio sull’intelligenza artificiale, l’avanguardistico “tecnopolo”, chiamato a occuparsi di una bambina, History appunto, affetta da una radicale versione di autismo, con la quale lui solo si dimostra capace di interagire efficacemente. Attorno a questa giovane mente dai contenuti segreti vortica una ressa di ambienti e personaggi inquietanti: il padre tycoon, ostinato nella sua onnipotenza terrestre e dilaniato dai lutti, le microsocietà dei giovani rampolli che si alimentano di piaceri drogati e derive da finimondo, i palazzi del soverchiante potere trasformati in raggelanti labirinti di uffici e spazi destinati a intrattenimenti oscenamente festosi. Il quadro, insomma, di un universo postumo o prossimo venturo che porta alle conseguenze più estreme quello che già nel presente si vive. Ma accanto alle visioni da tecnologizzato circo o carcere planetario fiorisce anche la possibilità di un esodo salvifico: una definitiva migrazione interiore ovvero l’accesso al cuore della Mente suprema, cui è dedicata la parte finale di History, quando la bambina scompare e le parole di Genna risuonano come note di un oracolo liberatorio.*
*La recensione è apparsa sul quotidiano Il Cittadino del 19/10/2017
Giuseppe Genna
Si può leggere questo romanzo, in tralice, come una progressiva avventura di formazione all’informe, acquisizione graduale di una consapevolezza della vanità universale e quindi di un’inedita facoltà creatrice che da quella vanità prende le mosse. Lo scrittore ormai pronto alla sua palingenesi viene cooptato da un centro di studio sull’intelligenza artificiale, l’avanguardistico “tecnopolo”, chiamato a occuparsi di una bambina, History appunto, affetta da una radicale versione di autismo, con la quale lui solo si dimostra capace di interagire efficacemente. Attorno a questa giovane mente dai contenuti segreti vortica una ressa di ambienti e personaggi inquietanti: il padre tycoon, ostinato nella sua onnipotenza terrestre e dilaniato dai lutti, le microsocietà dei giovani rampolli che si alimentano di piaceri drogati e derive da finimondo, i palazzi del soverchiante potere trasformati in raggelanti labirinti di uffici e spazi destinati a intrattenimenti oscenamente festosi. Il quadro, insomma, di un universo postumo o prossimo venturo che porta alle conseguenze più estreme quello che già nel presente si vive. Ma accanto alle visioni da tecnologizzato circo o carcere planetario fiorisce anche la possibilità di un esodo salvifico: una definitiva migrazione interiore ovvero l’accesso al cuore della Mente suprema, cui è dedicata la parte finale di History, quando la bambina scompare e le parole di Genna risuonano come note di un oracolo liberatorio.*
*La recensione è apparsa sul quotidiano Il Cittadino del 19/10/2017
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