VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

domenica 8 aprile 2012

CARLO EMILIO GADDA - ACCOPPIAMENTI GIUDIZIOSI



Scritti tra il 1924 e il 1958, questi racconti del gran signore delle lettere lombardo sono in parte frammenti dei romanzi La meccanica e La cognizione del dolore. Sofisticati e gustosissimi capolavori della letteratura novecentesca, danno avvio a una nuova riedizione adelphiana di tutte le opere dello scrittore. La ricchezza della prosa gaddiana è un magnifico strumento di precisione con cui viene passata in rassegna una vasta antologia di risibili e superbi campioni umani. Uomini e donne che caratterizzano i tempi attorno alla prima guerra mondiale: lombardi borghesi o popolani, provinciali o esponenti del bel mondo milanese. La scienza letteraria di un maestro che nel suo secolo accettava di essere accostato soltanto a Céline, dispone sul tavolo anatomico le sue adorabili vittime e smonta con implacabile riguardo i mistificanti orpelli del genere umano. Le donne, ad esempio, nell’inchiostro dell’ingegnere, rilucono di magnifica bellezza e cattiveria, trasformandosi in creature di infinita ambivalenza, scoperte con finissima intuizione in gusti, idiosincrasie, e in quel loro sfarfallante bovarismo. Ecco, un lunedì 5 ottobre del 1015, affacciarsi al balcone la svenevole Zoraide, importunata da un guittesco cugino di passaggio, civettuola e indisponente fino alla scoperta di certi peccatucci che l’obbligano a smontare da uno scivoloso palcoscenico; ecco la Jole, domestica dei conti Brocchi, il cui petto, dove stringe l’adorato cagnolino dei padroni, fa girar la testa ai rampolli delle squisite famiglie meneghine; ecco ancora la contessa Brocchi, pellegrina all’altare di San Giorgio affinché protegga da tentazioni impronunciabili il contino Gigi, sbalestrato dalla provocante cameriera, che lo indurrà, in un finale tutto amore, al catartico peccato. 

un ritratto di Carlo Emilio Gadda

Ma l’inventario umano che passa alla lente dello straordinario Gadda si estende con pari risultati a vecchi nobili gottosi paladini di un polveroso buon costume, commendatori elefantiaci che zavorrano i salotti di un’eterna commedia, e alle tante vite, circoscritte e universali, congelate in fissazioni quotidiane. E’ un grande affresco di caratteri svelati in tutta la crudezza dei loro impacci fisici e interiori, grazie a una spregiudicata intelligenza accompagnata da un gusto divorante dell’ironia. L’esposizione della Triennale Milanese - nella bellissima novella San Giorgio in casa Brocchi - è l’occasione ideale per raccontare in una cronaca esilarante tutta la prosopopea novecentista condita e rivenduta ad arte, con il melenso assedio degli ammiratori a spasso per le sale espositive che infilano lodi sperticate almeno quanto le nefandezze delle pitture. Ovunque magistrale, il nostro Gadda, come ne L’incendio di via Keplero, dove l’improvvisa combustione di un grande stabile popolare fa da sfondo a un nutrito elenco di scampati per miracolo alla disgrazia. Pedroni Gaetano, facchino alla Centrale; Arpàlice Maldifassi, vanagloriosa e risibile cugina del baritono Maldifassi, che si sloga una caviglia franando sulle scale; Ermenegildo Bolossi Di Gesualdo, “el magütt de Cinisèll” rimasto fino all’ultimo sul tetto del caseggiato in fiamme; il vecchio Zavattari, avvinazzato imbolsito e catarroso; il cavalier Carlo Garbagnati, ex-garibaldino e triste eccezione agli scampati, cui sarà fatale il tentativo di salvare il medagliere: bastano i nomi e i primi indizi per dare un’idea della fantasiosissima acribia con cui vengono dipinti questi eroi qualunque. Attraverso un semplice fatto di cronaca si svela un intero mondo, universo ramificato nelle mille vene del capoluogo lombardo raccontato come forse nessuno ha saputo fare, calandosi nei variegati modi e sogni della gente e facendo appena sentire dietro l’occhio impietoso la vena compassionevole dell’illuminato a cui ogni cosa appare gioco, tragedia e commedia fuse insieme. Il magistero stilistico, che annette gergo e intonazioni dialettali, non indulge mai alla compiacenza e all’esibizione, benché raffinatissima, di bravura. E’ funzionale a un’indagine scrupolosa, trasformando un frammento di vestito, un atteggiamento trascurabile o un tic linguistico in un segno tipico della personalità e della sua collocazione in un preciso ambito sociale. Officina immane, quella dello scrittore, che si fa specchio della vita, centellinando e inanellando infinite epifanie. 


Pietro Germi e Carlo Emilio Gadda sul set di "Un maledetto imbroglio" (1959)


Naviglio milanese, ponte in pietra, foto di Vincenzo Maria Oreggia