Da oltre quindici anni Ascanio Celestini racconta con straordinario talento
affabulatorio le vite dei miseri, dei negletti, gli oscurati e i fraintesi dal
mistificante ciclone della storia. In questa sua ultima opera teatrale,
lungamente applaudita nella saletta storica del Piccolo Teatro di Milano, entra
in prigione: un’angusta cella stilizzata in mezzo alla scena dove si trasforma
in un recluso senza tempo, vittima di un sistema carcerario antichissimo e
attuale, che opprime e uniforma gli esseri umani nell’asettico inventario dei
loro crimini compiuti o supposti, giudicati e in attesa di giudizio. Il
contesto storico da cui la narrazione si allontana e a cui ritorna con
fantastica disinvoltura è quello del Risorgimento italiano, intercettato in uno
dei suoi anni cruciali, il 1849, quando una vigorosa insurrezione caccia Pio IX
dall’Urbe e fonda una Repubblica dalla vita breve, un’avventura promossa da un
gruppo di idealisti coraggiosi che abbattono istituzioni secolari quali il
Santo Uffizio e adottano innovative misure sociali, prima di essere ricondotti
all’ordine dall’intervento delle ipocrite potenze straniere, di apparente
vocazione libertaria come la Francia ma pronte a soccorrere il vacillante regno
papale. Il carcerato-Celestini indirizza il suo discorso nientemeno che al
celeberrimo Mazzini, eroe risorgimentale per eccellenza. Ruotando intorno ai
fatti clamorosi di quella breve stagione romana, il monologo racconta
l’intrigante spietatezza dei regnanti e la sanguinaria repressione di quei moti
anarchici animati in tutta la penisola da giovani eroi trattati alla stregua di
terroristi, le scandalose condizioni in cui vengono costretti i detenuti
dell’odierna Italia e il desiderio di liberarsi con un irriverente colpo d’ala
da tutto il marciume di questo scalcagnato Belpaese. La vena anarchica e
l’inclinazione a una libertà senza compromessi rimane al centro
dell’ispirazione del trascinante affabulatore.
Ascanio Celestini, rielaborazione grafica di V.M.Oreggia
Derive immaginarie infrangono le
leggi del tempo e dello spazio colorando di toni surreali le sue parole dal
carcere, come nel caso della fuga oltre le sbarre del negro-matto vicino di
cella che attraversa in corsa uno stadio gremito e partecipa a una surreale
partita di pallone. Le molte dissertazioni si calano pure
nella storia personale del narratore rievocando la figura delicata del padre
falegname che porta a spasso tra altezzosi e nobili clienti il piccolo Ascanio
riapparendo poi, in una memoria commovente, disteso sul letto di morte, le mani
rimpicciolite e bianche scoperte per la prima volta senza quella patina di cera
impiegata nel lucidare i mobili. Pro
Patria, come diversi lavori precedenti, riassume materie e spunti disparati
in un coerente slancio creativo: un’opera infiammata dalla vigile coscienza
civile di Ascanio Celestini, instancabile fustigatore di troppe italiche
storture, e addolcita da una sua voce intima, segnata dalla nostalgia per un
privato mondo perduto.
sette minuti di Pro Patria su youtube
http://www.youtube.com/watch?v=WFM9O_n0scs
Da oltre quindici anni Ascanio Celestini racconta con straordinario talento affabulatorio le vite dei miseri, dei negletti, gli oscurati e i fraintesi dal mistificante ciclone della storia. In questa sua ultima opera teatrale, lungamente applaudita nella saletta storica del Piccolo Teatro di Milano, entra in prigione: un’angusta cella stilizzata in mezzo alla scena dove si trasforma in un recluso senza tempo, vittima di un sistema carcerario antichissimo e attuale, che opprime e uniforma gli esseri umani nell’asettico inventario dei loro crimini compiuti o supposti, giudicati e in attesa di giudizio. Il contesto storico da cui la narrazione si allontana e a cui ritorna con fantastica disinvoltura è quello del Risorgimento italiano, intercettato in uno dei suoi anni cruciali, il 1849, quando una vigorosa insurrezione caccia Pio IX dall’Urbe e fonda una Repubblica dalla vita breve, un’avventura promossa da un gruppo di idealisti coraggiosi che abbattono istituzioni secolari quali il Santo Uffizio e adottano innovative misure sociali, prima di essere ricondotti all’ordine dall’intervento delle ipocrite potenze straniere, di apparente vocazione libertaria come la Francia ma pronte a soccorrere il vacillante regno papale. Il carcerato-Celestini indirizza il suo discorso nientemeno che al celeberrimo Mazzini, eroe risorgimentale per eccellenza. Ruotando intorno ai fatti clamorosi di quella breve stagione romana, il monologo racconta l’intrigante spietatezza dei regnanti e la sanguinaria repressione di quei moti anarchici animati in tutta la penisola da giovani eroi trattati alla stregua di terroristi, le scandalose condizioni in cui vengono costretti i detenuti dell’odierna Italia e il desiderio di liberarsi con un irriverente colpo d’ala da tutto il marciume di questo scalcagnato Belpaese. La vena anarchica e l’inclinazione a una libertà senza compromessi rimane al centro dell’ispirazione del trascinante affabulatore.
sette minuti di Pro Patria su youtube
http://www.youtube.com/watch?v=WFM9O_n0scs
Nessun commento:
Posta un commento