Ndem è un villaggio incastonato nell’immensa piana del Sahel, in territorio senegalese, a circa tre ore di macchina dalla capitale Dakar allontanandosi dalla costa in direzione nordest. Vi giunsi per la prima volta con un amico che doveva visitare il luogo allo scopo di impiantarvi un forno per il pane. Era notte, e dopo avere abbandonato la strada asfaltata per una mezzora di sabbia, luna, visioni chiaroscurali di baobab, acacie e cespugli sparsi nel palcoscenico della savana, fummo ricevuti dagli alfieri della comunità Baye Fall, ragazzi sorridenti e colorati di abiti tradizionali che ci condussero fino alla loro guida spirituale e referente per tutte le attività del luogo, Serigne Babacar Mbow.
Dopo anni di pellegrinaggi in Europa, specie in Spagna e Francia, dopo avere conosciuto la strada e tutto ciò che significa per un emigrato africano, e dopo avere continuato il suo cammino interiore fermandosi ogni tanto a scrivere e meditare in piccole località alpine, Serigne Babacar è tornato alla sua terra natale. Insieme alla moglie francese Sokhna Aissa Cissé, prodigio di perfetta integrazione afroeuropea, modello di ciò che avrebbe potuto essere l’eredità coloniale in Africa, il quarantenne sociologo, scrittore e soprattutto cercatore mistico di fede islamica decise di non fermarsi nella più comoda Dakar e si insediò proprio qui, nel villaggio dei suoi antenati.
Già quando abitava a Mermoz, buon quartiere della metropoli senegalese, Serigne Babacar era stato un punto di riferimento per molti, dai semplici amici ai bisognosi e perfino ai folli che approdavano alla sua porta sempre aperta. Dava consigli, condivideva il poco o tanto che aveva e cercava spunti in ogni cosa per riflettere attorno alla natura e all’uomo. Predisposto all’indagine e alla delicata funzione della guida, rintracciava ovunque segni illuminanti, esempi utili a comprendere e a risalire alla comune origine di tutto, al Signore Supremo, l’Invisibile e il Visibile, il Nascosto e il Manifesto, l’Onnipotente Allah.
Vincenzo Maria Oreggia con Serigne Babacar Mbow a Ndem
Il misticismo islamico, la corrente esoterica che lo pervade fin dai primordi, altrimenti indicata con il termine sufismo (da tasawouf, abito di lana grezza indossato dai primi sufi, quindi abbigliamento sobrio di chi relativizza l’aspetto materiale dell’esistenza) ha attraversato i secoli costituendo il cuore delle non molte confraternite tradizionali. Si tratta di comunità che hanno spesso raggiunto dimensioni transnazionali e raccolto milioni di fedeli dall’Africa all’Estremo Oriente, fondate da un santo rimasto punto di riferimento inossidabile, iniziatore di una lunga catena di Cheikh (maestri affiliati) che ne tengono vivo lo spirito e accolgono nella turuk (confraternita, ma più propriamente Via) il musulmano che si mostri pronto e disponibile.
Il Senegal ha dato i natali a uno dei grandi santi dell’Islam, Cheikh Ahmadou Bamba, vissuto tra il 1855 e il 1927, protagonista di una pacifica opposizione alle invadenze dell’amministrazione coloniale che gli costò l’esilio e una serie innumerevole di aggressioni e prove superate con virtuosa pazienza e dedizione totale agli insegnamenti del Profeta Muhammad, tanto interiorizzati da fargli assumere il titolo di Khadimou Rassol, il Servitore del Profeta.
Cheikh Ahmadou Bamba Khadimou Rassol, autore di poemi mistici recitati da milioni di musulmani e iniziato in gioventù alla confraternita della Quadriya (risalente al santo dell’undicesimo secolo Abd Al Quadir Jilani e filtrata in Africa Nera dal maghreb) fu fondatore di una propria Via, una delle poche turuk nate sotto il Sahara e una delle ultime apparse nella storia dell’Islam, la confraternita di Muridiya (da mourid, discepolo, aspirante), che ha il suo centro nella città di Touba e nella magnifica Moschea dove ha sede il mausoleo di Ahmadou Bamba. Uno dei suoi intimi seguaci, il prediletto Cheikh Ibrahima Fall, fu a sua volta fondatore di una costola del mouridismo (il movimento che rimanda alla Muridiya), la confraternita Baye Fall (letteralmente Padre Fall). Ed è proprio di quest’ultima che Serigne Babacar Mbow è una delle guide spirituali o marabout, in senso stretto maestro di scuola coranica.
Quando vi ritornò con la moglie, Ndem era poco più di una manciata di capanne in una zona che la siccità rendeva particolarmente inospitale, da cui i giovani fuggivano e per cercare acqua occorreva coprire molti chilometri a piedi o a dorso d’asino. Ma la tenacia visionaria di Serigne B. e Sokhna Aissa non si arrese. Non si accontentarono della pace meditativa della campagna senegalese e di un amore da cui nacque presto la primogenita di una numerosa prole. Il passo iniziale della ONG che oggi dà lavoro a circa trecento persone e che ha rivoluzionato le prospettive dell’intero circondario fu l’insediamento di un piccolo laboratorio di sartoria. Una produzione artigianale di abiti e una tenda in cui abitare accompagnati dalle immancabili preghiere, devozioni e riflessioni annotate su taccuini che nel tempo si sarebbero trasformati in libri.
Serigne Babacar Mbow racconta del miracolo di Ndem come di un’opera divina, cui assiste partecipe e sorpreso, consapevole che l’operato umano sarebbe nulla senza l’azione costante di Colui che indica spesso nei suoi scritti come il Grande Mistero.
Interessato alla figura di San Francesco d’Assisi (sono notevoli le affinità tra francescanesimo e sufismo), che sente alquanto prossima a una ricerca pur radicata in un contesto islamico, Serigne B. rimane per ore dopo il crepuscolo ad ascoltare i canti dei discepoli che innalzano nella savana silenziosa i Nomi Divini, e durante il giorno si dedica all’organizzazione del lavoro. I prodotti di Ndem, manufatti realizzati con materiale di recupero, abiti e tessuti che prevedono l’impiego di pigmenti naturali, sono venduti in Senegal, specie a Dakar, ed esportati in Europa attraverso la rete del commercio equo e solidale. Alcuni stilisti francesi collaborano con gli atelier di sartoria del villaggio creando modelli dal gusto africano e dalla portabilità internazionale. Un’invenzione recente è quella del carbone vegetale o “bioterra”, combustibile ecologico i cui ingredienti sono buccia di arachidi, scartata a tonnellate dopo la lavorazione dei raccolti locali, e argilla, abbondante nella sabbia del sahel.
Scegliendo di vivere in un luogo così remoto, Serigne B. e signora pensavano di ritirarsi in solitaria pace spirituale, ma dopo circa vent’anni da quei primi passi hanno dovuto ricredersi e ora sono protagonisti di una nuova grande scommessa: quella di tenere in equilibrio sviluppo sociale e radici tradizionali, lavoro metodico ed esercizio spirituale. Si tratta del resto di un precetto alla base della confraternita Baye Fall, il cui ispiratore Cheikh Ibrahima Fall predicò la sottomissione totale all’Onnipotente attraverso un costante impegno nel mondo.
laboratorio di sartoria a Ndem
L’Islam, nel percorso di elevazione e avvicinamento a Dio, non prevede un sistematico isolamento di stampo monastico. Il cercatore spirituale può trascorrere periodi anche lunghi di ritiro ascetico, ma la sua strada tende a un ritorno tra gli uomini per mettere al loro servizio i propri tesori. La pace del cuore è una perla nascosta sotto la serena efficienza, custodita dalla pazienza, dal controllo delle emozioni, da una visione delle cose, degli esseri e dell’universo conforme al grande quadro della Rivelazione.
A Ndem, dove questa serena operosità è tangibile, senti il nome di Dio glorificato nel vivo di laboratori in cui batte il martello, sotto pergolati dove le donne immergono tessuti nelle tinture e altri mourid tagliano, modellano e azionano telai artigianali con movimenti che si ripetono come devozioni fatte di carne, muscoli e nervi.
All’interno della daara, lo “spazio consacrato a Dio”, la dimora della famiglia di Serigne con annessi nuclei abitativi per discepoli e ospiti, ci sono recinti dove si allevano montoni, capre, anatre, pollame, pavoni, asini, cavalli. La sabbia è costantemente spazzata come in un salotto all’aperto, le aiuole accudite, la natura rispettata come è giusto che sia. Accanto alle macchie di cespugli più bassi crescono limoni, acacie, eucalipti. Si è creata una specie di oasi in mezzo alla pianura gialla di sabbia e di stoppie. Un pozzo attinge acqua buona e potabile a circa ottanta metri di profondità. Per l’armonia generale, Serigne B. invita a costruire case di un solo piano. Dove si è potuto installarli, ci sono pannelli solari.
La sera, gruppi di bambini e adolescenti intonano regolarmente le Khassida, i poemi mistici di Cheikh Ahmadou Bamba. Il rituale segreto della confraternita Baye Fall consiste in uno dhikr, ricordo o menzione del Nome di Dio, che si pratica in gruppo, componendo un cerchio rotante e intonando la formula sacra fino all’abbandono dell’identità personale nella glorificazione dell’Altissimo, per ore e ore e per un tempo che specie la notte perde la sua scansione usuale sconfinando nella mistica adorazione.
Capita di incontrare a Ndem rinomati teatranti europei, cooperanti di varia nazionalità, agronomi che mettono a punto progetti pilota, curiosi amici di amici: una convivenza di esperienze diverse, musulmani e non, cattolici, uomini di fede e laici, un popolo vario unito da un codice non detto ma limpidamente osservato, una regola di rispetto e attenzioni reciproche. Non c’è bisogno di difendere un’identità specifica. Ciò che vale si protegge da sé. Il mourid o baye fall si rimette all’Eterno, consacra il proprio operato al Creatore inserendosi nel quadro di un’Opera cui partecipa nella misura fissata dal proprio destino.
A Ndem si impara che Islam significa abbandonarsi (aslama) a Dio nella pace (salam), e che jihad, nel suo senso autentico e depurato da vizi propagandistici, significa sforzo verso la liberazione dall’ego, dalle pulsioni individualistiche che precipitano l’essere umano nell’inestricabile disordine materiale.
L’estremo rispetto e i frequenti ossequi che i membri della comunità manifestano nei confronti della loro guida non è sottomissione a un’autorità umana, e neppure divinizzazione di un semplice essere umano. L’atteggiamento di sommesso riguardo rivolto a Serigne Babacar esprime gratitudine per un influsso concreto e benevolo, una presenza efficace che è al tempo stesso una porta allegorica, un essere fraterno che facilita l’accesso all’universo spirituale e quindi il contatto con l’Essere Supremo.
La grazia di chiunque porti la pace è una realtà luminosa. Comunica nel silenzio. Anche il critico peggiore o il migliore avvocato del diavolo ne avvertirebbero l’influenza.
Ogni domenica mattina, accompagnati dal suono dei tamburi, i giovani del villaggio escono in battuta di caccia nella savana.
Se non è assente per altri lavori, in testa alla comitiva c’è Serigne Babacar Mbow.
Ore 9. E’ aperta la caccia al rifiuto di plastica. Sacchetti trasportati dal vento in ogni direzione di questa piana sconfinata: un flagello per l’ambiente e gli animali che se ne possono nutrire.
Il riverito marabout, esempio di umile servizio, si china prima degli altri per custodire nel migliore modo possibile il mondo che il Signore gli ha affidato per viverci.
Il sole alza la mira e il sudore inizia a inumidire la fronte. Uno scoiattolo scarta pochi passi più avanti e si inerpica lungo la ripida acacia.
La forma degli Angeli che si librano in Cielo è quella del bue; allontanati dallo sviamento! / Gli Angeli sotto di essi sono come procellarie e quelli che seguono come avvoltoi; non v’è il minimo dubbio! / Gli Angeli sotto questi ultimi sono come cavalli, e dopo di loro, caro compagno, vengono gli Angeli somiglianti alle Uri! / E’ quindi la volta degli Angeli della sesta sfera celeste, creati, secondo comune opinione, a immagine dei figli di Adamo. / Ci sono veli, fratello, che coprono moltitudini angeliche di una grande varietà.
Mi tornano in mente questi versi appena tradotti di Cheikh Ahmadou Bamba, che sembrano la trasformazione del mondo in un universo animato, la configurazione mistica del mondo terrestre.
Era in luoghi simili, mi piace immaginare proprio in questi, che il santo meditava fino a spalancare l’occhio interiore sul Mondo Celeste, fino a svelare il mistero che pervade ovunque questo oceano di forme.
Intanto, dall’altra parte del cosmo o a un passo da qui, altri uomini sono pronti a scannarsi, accecati nei bassifondi della loro natura dove prospera l’odio, la vendetta, il rancore mortale. Stupisce con sempre maggiore chiarezza il loro ostinato piacere di gratificazioni istantanee, l’impressionante costo umano della malefica ignoranza. Stupisce ancora più forte da qui, da questo lontano angolo di terra africana, dove senti che si può vivere smettendo di fingere che non si scivoli tutti, sempre e in ogni più piccolo istante, nell’infinito. Nel mio scarto breve e imprevisto di ribellione voglio urlarlo alla tracotanza delle chimere, all’ingordigia dei potenti accecati.
Poi il sussulto si stempera. Di nuovo la pazienza. L’aura del luogo è più forte.
Sono giunto la prima volta di notte e mi allontano la mattina molto presto, rosari che pendono dalle dita e un frullare di uccelli simili a passeri tra i cespugli spinosi in attesa dell’acqua.
Per tre mesi all’anno, il paesaggio arido e piatto si trasforma in campi verdi di miglio e bissap. L’orizzonte si stringe, la vertigine è all’improvviso domestica, un immenso cortile di spighe e mietitori che si avvicinano.
I mesi di agosto, settembre, ottobre, poi di nuovo la ciclica sospensione e la terra che beve ogni goccia residua.
Resta l’acqua dei pozzi e le gocce di sudore che seminano il verde del Paradiso.
(Vincenzo Maria Oreggia)