Un
nido di case e una manciata di anziani nell’immensa piana del Sahel, a due ore
e mezzo di macchina, direzione nordest, dalla capitale Dakar: un villaggio
inaridito da siccità ricorrenti e spopolato di giovani fuggiti lontano. Questo
era Ndem, quando circa trent’anni fa, deciso a tornare nella terra dei suoi
avi, vi si insediò insieme ad Aissa, l’ispirata moglie francese, Serigne
Babacar Mbow. E’ difficile credere a un tale miracolo, gironzolando per questo
mare di sabbia su cui ora fiorisce un armonioso progetto divenuto modello
esemplare di sviluppo sostenibile africano. Due pozzi artesiani che danno acqua
pulita e abbondante, un’infermeria con farmacia d’emergenza, strutture
scolastiche, coltivazioni biologiche e un centro di mestieri che produce capi
d’abbigliamento e un combustibile alternativo al carbone composto di buccia
d’arachidi e argilla con il quale funziona, tra l’altro, il panificio locale.
Un complesso di strutture che sono diventate punto di riferimento per molti
villaggi vicini offrendo lavoro a centinaia di persone. E a pochi passi da
tutto ciò, cuore pulsante del piccolo universo di Ndem, la daira, ovvero scuola coranica di Serigne Babacar, guida spirituale
del luogo nonché maestro della confraternita sufi dei baye fall, filiazione estroversa della più vasta muridiya, che raccoglie in Senegal
milioni di seguaci, fondata verso la metà dell’Ottocento dal santo islamico
Ahmadou Bamba. Lavoro e preghiera sono i due capisaldi di questi musulmani le
cui pratiche non rispondono all’islam ortodosso. I baye fall non ossequiano,
generalmente, le cinque preghiere canoniche e non osservano il digiuno di
Ramadan, ma ubbidienti a pratiche di devozione di stampo mistico, invocano
costantemente il nome di Allah e lo fanno echeggiare nel corso di lunghe preghiere
notturne collettive, dove procedono stretti in file circolari raggiungendo
stati di ebbrezza spirituale. Sono i sufi più estremi di questo composito islam
sub sahariano. Serigne Babacar Mbow, cresciuto nell’amore per questa
confraternita e questa via, era ancora un giovane uomo nato da un’abbiente
famiglia dakaroise con una formazione accademica in sociologia, quando, tornato
dal suo viaggio europeo, anziché reinstallarsi nella confortevole capitale,
prese insieme alla moglie una scelta radicale, accampandosi con una tenda e una
capanna adibita a piccolo laboratorio di sartoria in un angolo della savana
appartenuto ai suoi antenati. Incontrandolo, e mostrandomi stupito di quanto
sia riuscito a creare dopo un così modesto e avventuroso inizio, il mio
gentilissimo ospite allunga uno sguardo ai suoi animali, ai pavoni che
scorrazzano nella daira, ai recinti
dei montoni e dei buoi, alle colture di aloe e a una parte della sua famiglia
raccolta sotto la veranda di casa. Mi dice sorpreso: “E’ come se non lo avessi
fatto io. Tutto ciò è frutto soltanto d’amore.” Amore. Una parola che torna spesso nei suoi discorsi, semplificando
e rendendo insieme misteriosa l’azione di quest’uomo pratico e contemplativo,
umile e tenace nel suo ruolo di guida religiosa nonché presidente della ONG di
Ndem. Scrittore di testi sulla via baye fall e i valori della spiritualità universale,
Serigne Babacar viaggia parecchio in Europa, invitato per conferenze e sollecitato
dai non pochi partner occidentali, in particolare italiani e francesi, che nel
corso degli anni hanno sostenuto i suoi progetti. La lavorazione, la tintura
tradizionale dei tessuti e la confezione di abiti che conciliano gusto
senegalese e occidentale sono diventati un segno distintivo di Ndem e hanno
portato alla creazione della linea e della boutique Maam Samba. Se fino a pochi anni fa le forniture erano in gran
parte destinate all’Europa, attraverso catene di distribuzione equo-solidali,
la recente scelta di aprire un centro con esposizione, vendita e luoghi di
accoglienza in un quartiere in vista di Dakar, ha dirottato le mire sul mercato
interno. “Ci sono due ragioni principali che ci hanno indotto a questa scelta.
La prima, dopo un decennio di dipendenza commerciale dall’Europa, è la
necessità di un’autonomia che garantisca maggiore sicurezza al nostro lavoro a
prescindere dalle oscillazioni della domanda esterna. La seconda è la
possibilità, per uno spazio come quello inaugurato a Dakar, unico nel suo
genere in Africa occidentale, di divenire punto di riferimento e scambio tra
partner africani orientati verso progetti di commercio equo solidale e sviluppo
sostenibile.” Mentre Serigne Babacar mi racconta tutto ciò, si avvicinano alla
veranda Moussa e Fatou, una delle coppie miste senegalo-europee che abitano a
Ndem, dove prospera una multiculturalità tollerante, rispettosa e curiosa delle
reciproche differenze. Nell’incontro con modi e opinioni diverse, Serigne
Babacar sa essere per primo di una delicatezza estrema; gironzola o riceve i
suoi continui ospiti incuriosito e discreto, raccontando e soprattutto
dimostrando un islam del cuore, infinitamente lontano da qualsiasi connotazione
oppressiva o violenta: un islam che realizza in modo autentico la sua radice
etimologica di abbandono (aslama) a
Dio nella pace (salam), e in questo
caso a una pacifica operosità. Condividendo la passione per letture e studi sul
sufismo, io e questo saggio ispirato che frequento ormai da cinque o sei anni ci
allontaniamo dal gruppo di amici e familiari per raggiungere un angolo della
sua camera dove custodisce una piccola ma sceltissima biblioteca, con opere di
grandi maestri del passato più e meno recente, da quelle di classici come Al-Gazali
e Ibn Arabi fino ai sufi dell’ultimo e penultimo secolo, tra cui qui non poteva
mancare il senegalese Ahmadou Bamba con il suo discepolo prediletto Ibrahima
Fall, l’originario ispiratore del modo di vivere di questo villaggio, a cui
Serigne Babacar Mbow ha dedicato diversi libri. Il Servitore del Profeta, che ho curato e tradotto, è uscito l’anno
scorso in Italia per le Edizioni dell’Arco, ed è di prossima pubblicazione, per
i tipi di Harmattan Italia, un breve saggio dal titolo Genti dell’Amore. “La tensione verso una spiritualità universale”
mi conferma l’amico prezioso prima dell’arrivederci, ”accanto a un approccio
interculturale e interreligioso, sono sempre stati tratti distintivi
dell’avventura iniziata qui a Ndem. Il confronto continuo con il diverso è un
segno di vitalità e un antidoto indispensabile ai rischi della fossilizzazione
attorno a pericolosi preconcetti. Tra le figure capitali dell’Occidente, amo in
modo particolare quella di San Francesco d’Assisi, che già ai suoi tempi,
ispirato da una vocazione straordinaria, ha saputo valicare barriere secolari affratellando
uomini dai diversi cammini nella fede in un Unico Signore.” Allontanandomi dal
villaggio per riprendere la strada della capitale e contemplando la savana
brulla, punteggiata a larghi intervalli da maestosi baobab e qualche acacia, la
sensazione di questo miracolo fiorito in mezzo a un’immensità semidesertica torna
a conquistarmi, e insieme ad essa la meraviglia per la tenacia e l’amore fusi
in un unico slancio di energia vitale che può trasformare le umane opere in una
paziente via verso l’Eterno. *
* Il reportage è uscito sul numero di febbraio 2014 della rivista Popoli. Ecco il link:
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