Parole
schiette, che mirano al concreto del racconto; frasi brevi, limpide, e dialoghi
smussati a comporre una prosa dall’equilibrio classico, che ricorda una volta
di più come l’originalità e la forza rappresentativa non abbiano a che fare con
l’innovazione ricercata o i rovelli della moda letteraria. E a ciò si aggiunga tutta
la peculiare sensibilità femminile, che si sente in quella delicatezza
temperata da un carattere deciso ma diffusa ovunque, a completare il quadro
della scrittrice alla sua quinta opera narrativa. Si tratta qui di sei racconti,
pubblicati come tutti i suoi libri dalla Jaca Book, in cui Francesca Caminoli
torna agli anni Settanta di un’adolescenza e una gioventù universitaria
accompagnate dalle poetiche figure di sei cani, Divo, Baldo, Paco, Ciclone,
Grigia, Bella e Pongo, che brillano per simpatia e imprevedibile vivacità,
disinnescando a volte i momenti risolutivi dell’azione. Erano anni di
rivoluzione dei costumi, passioni ideologiche e infervorate battaglie sociali,
che fanno da costante sottofondo alla trama quando i protagonisti sono bambini
e bambine che architettano le loro innocue monellerie durante le vacanze in
campagna o in quella Milano dove l’autrice ha trascorso da giornalista molti
anni, ma che diventano l’assoluto primo piano, specie nei racconti finali della
raccolta, quando i bambini sono ormai cresciuti e si ritrovano impegnati nelle
manifestazioni studentesche e negli scontri di piazza. Confluiti come per un passaggio
naturale nei grandi movimenti che aspirano a una giustizia rivoluzionaria, i giovanissimi emulatori degli hippies si trasformano in compagni di
lotta, tra le cui fila non mancano i figli capricciosi della borghesia più
agiata. Tutto un mondo,
insomma, dall’impegno sacrosanto e dalle reali motivazioni molto più incerte,
raccontato con nessuna enfasi, da un punto discreto, veridico, in compagnia
degli amabili onesti a quattro zampe, che sanno, almeno loro, essere quello che
mostrano e impongono una concretezza umile anche alla più bellicosa specie di
idealista. Contribuisce al fascino e alla singolarità di questi sei racconti
leggeri ma non troppo la prospettiva in apparenza marginale da cui vengono
osservati i convulsi fatti della storia: angoli e spezzoni di vita quotidiana
di una ventenne praticante giornalista - quella Maria dall’evidente sostanza
autobiografica -, che pur ben salda nei suoi principi conduce una vita
tutt’altro che fanatica e si ritrova spettatrice in pieno campo del fanatismo altrui
e della spropositata, sanguinaria repressione. Il racconto forse più rappresentativo
e complesso, Bella e i morti di aprile,
illumina i fatti milanesi occorsi in quel tragico mese del 1975, quando le
opposizioni dei diversi fronti tracimarono nelle morti del ventottenne
Giannino Zibecchi, travolto in Corso XXII marzo da un camion dei carabinieri, e
del diciassettenne Claudio Varalli, ucciso dalla pistola di un militante di
Avanguardia Nazionale in piazza Cavour. Maria, testimone oculare del giovane
corpo dilaniato di Zibecchi, torna nel suo appartamentino e continua a piangere
ballando sulle note di Marvin Gaye, presto raggiunta dalla dolcissima meticcia
Bella e dal suo padrone Antonio, che inizia, furtivamente, insieme a certi suoi
compagni, a parlare d’armi e di obiettivi da colpire. Lei, la ragazza/autrice,
non esiterà a cacciarlo e a tenersi in cambio quell’irresistibile ammasso
ispido di pelo beige che sarebbe divenuta per tre anni la sua fedele compagna.
Francesca Caminoli
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