Nel novembre del 1967 Michael Herr giunge in Vietnam come corrispondente di Esquire. In un certo senso è un privilegiato, non ha scadenze fisse per la consegna dei pezzi e ha modo di fare libera incetta di storie, gran parte delle quali confluiranno più tardi in Dispacci, forse la più importante testimonianza su quell'immenso e glorioso disastro dell'esercito statunitense. Taccuino di guerra, diario privato, romanzo autobiografico, meditazione sul destino umano in condizioni estreme. Il libro di Herr sfugge a una precisa categoria e le riassume tutte, sostenuto da una scrittura densa e viscerale che traduce con efficacia folgorante la complessità dell'esperienza in Vietnam. Lo scrittore reporter salta da un elicottero all'altro e si spinge in avamposti remoti condividendo anima e corpo la vita dei marines. Tra i motivi all'origine di questa scelta in apparenza folle c'è una grande e irresponsabile curiosità, uno spirito avventuroso e un anelito alla metamorfosi di sé stesso, ma soprattutto c'è quell'irriflessiva sete di esperienza che solo più tardi potrà essere consapevolmente riordinata siglando una vera e propria iniziazione. Arriverà persino ad avere nostalgia per quei luoghi e quella parte della propria esistenza che è stata vissuta a un grado di intensità mai più raggiungibile, nel bene come nell'orrendo male. Lo sceneggiatore di Apocalypse Now e Full Metal Jacket racconta la terribile battaglia per conquistare la città imperiale di Hue, un tempo incantevole sede dei reali annamiti e trasformata in un plastico devastato e irriconoscibile, la permanenza nella zona degli Altipiani, vallate scoscese ammantate di giungla dove vivono i primitivi Montagnard e intere divisioni di vietcong stringono d'assedio 8000 marines e sudvietnamiti nel campo isolato di Khe Sahn. Nel corso dei briefing concessi alla stampa lo Stato Maggiore dell'esercito manifesta ottimismo e annuncia una supposta fiacchezza del nemico quando invece la guerra, vista più realisticamente dal basso, prende tutto un altro corso. Herr non sta dalla parte del giornalismo convenzionale, dei propagatori acritici e uniformati di notizie. Si mette al fianco di fotografi e reporter mitici quali Sean Flynn o Tim Page, di cui ci regala memorabili ritratti. Restando in prima linea attinge storie dalle bocche riarse dei soldati e fissa i loro occhi invecchiati dentro volti poco più che adolescenti. Gli bastano poche parole fulminanti per recuperare attimi dal sapore mistico, in cui la guerra può misteriosamente lasciarti uno spazio tutto tuo. "Trovarlo era come ascoltare della musica esoterica, non riuscivi a coglierne l'essenza attraverso tutte le ripetizioni finché il tuo stesso respiro non ci era penetrato diventando un altro strumento, e ormai non era più soltanto della musica, era esperienza."
Michael Herr
L'avvio del capolavoro di Michael Herr: