Presto ci si affeziona
alle battute sapide e taglienti, ai modi da stagionato solitario, alla
perspicacia aguzzata da puntuali whisky and soda e a tutto l’universo che
colora a tinte forti le avventure del detective Philip Marlowe. Ed è un’ottima
notizia che Adelphi abbia deciso di riproporre l’intera produzione del maestro
inauguratore del noir, iniziando da questo grande classico fine anni Trenta.
Una Los Angeles spesso notturna e piovosa, il generale ottuagenario Sternwood rintanato
nella sua dorata a ammuffita dimora accanto a due figlie, Vivian e Carmen, viziose,
isteriche e prolifiche d’intrighi; un ricatto che piomba sulla famiglia e la
misteriosa scomparsa del genero Sean Regan. È quel che basta perché bussi alla
porta l’impassibile Marlowe, quel tipo che si dichiara “così avido che per
venticinque dollari al giorno più le spese, perlopiù benzina e whisky” insiste
a perseverare con il suo cervello “o con quel poco che ne resta.” Inizia così l’indagine,
a ritmo sempre più incalzante, descrizioni di luoghi e azioni fulminee, spostamenti
inattesi e descrizioni ben cesellate ma senza ombra di prolisse sbavature. Il
libraio Arthur Geiger, che smercia sottobanco libri pornografici, viene trovato
morto nella sua abitazione, di proprietà del gangster Eddie Mars, accanto a
Carmen, nuda, confusa e drogata a più non posso.
Raymond Chandler
Il tempo di riaccompagnare la
figlia del generale a casa e tornare sul luogo del delitto e il cadavere è
scomparso. Marlowe s’ingegna, segue esili tracce disponibili e la vicenda si
trasforma in un complesso intrigo che lo trascina tra sale da gioco clandestine,
killer prezzolati e false piste che non riescono a distoglierlo dalla corsa
verso la soluzione. Viene picchiato, da uomini di Mars, nel tentativo di
dissuaderlo dall’approfondire ulteriormente il caso, ma la tenacia della celebre
creatura di Raymond Chandler affronta la paura con l’ironia sprezzante di un
sopravvissuto a molte guerre. Pesto, minacciato e incatenato a un palo riesce a
sciorinare battute al vetriolo, correndo come un funambolo in bilico tra la
vita e il precipizio imminente della morte. Philip Marlowe è un duro ma a suo
modo un buono, o meglio un giusto, che a un certo punto sembra adoperarsi più
per rasserenare il vecchio cuore del generale che per riportare all’ordine un
mondo che comunque rimarrà bieco e corrotto. Preparandosi all’ultima,
risolutiva spedizione con cui metterà in croce il colpevole, ci regala una
manciata di parole che restano impresse a tinte forti nella memoria e non a
caso ispirano il titolo di quest’opera capitale del genere. “Che importanza ha
dove si giace, quando si è morti? In un lurido pozzo nero o in una torre di
marmo in cima alla collina, fa lo stesso. Quando si è morti si dorme il grande
sonno, e a cose del genere non si bada.”