VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

venerdì 10 maggio 2019

GRACE PALEY - TUTTI I RACCONTI - EDIZIONI SUR 2019



Saper rendere viva, scintillante ogni parola e riunire in una lingua originale i trasparenti accenti del parlato accanto a momenti di una riflessione così concisa e veracemente ironica da impietrire: sono doni che caratterizzano l’intera produzione di racconti di Grace Paley, non moltissimi - tre raccolte in tutta la carriera - ma tra i migliori della seconda metà del Novecento. L’immagine dell’America e soprattutto di New York che ne emerge è un brulichio di vite perlopiù appartenenti a classi povere, dove sussidi, famiglie numerose di bambini con giovani madri solitarie, custodi di qualche piccolo benessere e cacciatori di improbabili fortune fanno da protagonisti a un incessante scambio di confidenze, furtive avventure di sesso e amore rubate al trito quotidiano, sfoghi di dolore e di piacere. Eroi ed eroine di un universo all’ombra dei reboanti eventi storici, ma che attorno a un tavolo di cucina o a zonzo per un parco giochi periferico restituiscono il polso di un paese in modo più reale e immediato di tante ambiziose costruzioni romanzesche. Una voce unica, immancabile, quella della scrittrice newyorkese di famiglia ebrea russa scomparsa nel 2007, capace di sedurre autori del calibro di Philip Roth o Donald Barthelme. “Qualunque oggetto, qualunque gesto umano, ha in sé un’infinità di parole che potrebbero descriverlo (…) Poi arriva Grace Paley: apparentemente incapace di una frase banale, un’osservazione buttata lì, un passaggio narrativo distratto” ricorda George Saunders nell’intensa e commossa introduzione, e di fatto, ogni pagina di queste narrazioni sembra trovare proprio le parole necessarie, puntuali, grazie a una specie di orecchio assoluto, un registratore impeccabile di dettagli illuminanti.

Grace Paley

 Il controcanto del grande sogno americano, l’ondata tumultuosa degli hippies e dei ribelli al sistema, il ventre risonante della contestazione politica e sociale, estrosi perdigiorno, anarchici e comunisti trattati come eretici, abitatori erranti di quartieri stravolti dal degrado: tutto ciò è incarnato in esistenze che testimoniano una lotta volta a proiettarle come al di là di se stesse, verso un paradiso terrestre sfiorato quasi accidentalmente, nel delirio amoroso, nel canto nostalgico e insieme liberatorio di un’infanzia perduta, nell’ambizione realizzata di ritagliarsi attimi di irregolare gioia nonostante il dissesto, l’apparente sconfitta, lo spettro del definitivo fallimento. Le conclusioni dei racconti della Paley non hanno mai triste o lieto fine, restano aperte, pudiche nell’azzardare un punto fermo al fluire senza soluzioni della vita. Il suo più illustre e naturale predecessore è Cechov. Un salto vertiginoso di contesto e ambiente sociale ma lo stesso approdo a un’efficacia artistica che rende straordinario, e memorabile, ciò che senza la lente di simili maestri può sfuggire inavvertito sotto gli occhi.      
(la recensione è apparsa sulle pagine culturali del quotidiano Il Cittadino del 9/5/2019)