Affonda lo sguardo, Roberto Calasso, nella desolante sventura di un mondo che ha smarrito ogni riferimento all’altrove e spingendo alle conseguenze più estreme il processo di secolarizzazione è approdato a una sterile forma di autoreferenzialità. I suoi prodotti e obiettivi sono ormai perfettamente fine a se stessi, buoni a soddisfare appetiti mutati in impulsi di un congegno meccanicizzato, o informatizzato, pronto a confondersi con l’artificiale, dove la nozione di intelligenza, mortificata la dialettica con il metafisico, è ridotta a mera facoltà combinatoria. Turisti e terroristi è il titolo del primo saggio di un libro necessario e inquietante, lugubre, perfino, nello scintillio di intuizioni che marcano l’epilogo di una civiltà giunta all’ “età dell’inconsistenza” - ultima tappa del “culto della società divinizzata” teorizzato da Durkheim - in cui la potenza del terrorismo dilaga trovando nel caso il suo più feroce alleato. Il fittizio pretesto dello spargimento di sangue è sempre il primordiale rito sacrificale, anche se il frutto del sacrificio, un tempo invisibile, si materializza ora, ben più laicamente, nelle vittime dell’attentato. Calasso moltiplica le rapide e densissime indagini sull’innominabile attuale evocandone il quadro e parallelamente scovandone le profonde radici: ricostruendo una sorta di genealogia del disastro in un concerto di voci assenzienti o ammonitrici. Tra queste ultime, una su tutte, quella di Flaubert, che inventa con Bouvard e Pécuchet due compulsivi antesignani di Internet, eroi fondatori della società sperimentale.
Roberto Calasso
La società Viennese del Gas, parte seconda del volume adelphiano, è invece una caleidoscopica ricognizione attorno agli anni che vanno dal 1933 al 1945. In un mosaico di flash narrativi e passi fedelmente riportati, l’ascesa del nazifascismo, con l’attuarsi progressivo e implacabile dell’olocausto, è recuperata da prospettive molteplici, e la temperie di momenti cruciali del Novecento emerge in visioni cupe, apocalittiche, quasi l’anacronistico controcanto a un presente evanescente e diversamente drammatico. Benjamin, Céline, Simenone, Drieu La Rochelle, Frost, Beckett, Halévy, Grossman, Malaparte: all’ombra di Hitler e Stalin, calati nel tessuto di comunità deliranti, sfilano i memorabili testimoni dell’orrore e di un’ansia, come ricorda il risvolto di copertina, che oltre mezzo secolo dopo si è trasformata in inconsistenza: entrambe crudelmente assassine. Non manca un epilogo (Avvistamento delle torri) ermetico, lapidario, in cui il ruolo della profezia è affidato ancora a un gigante della letteratura. E a rimettere in gioco il mistero sarà questa volta un sogno di Baudelaire, annotato su un semplice foglietto, che prefigura con sbalorditiva chiarezza il crollo delle torri gemelle.
(la recensione è stata pubblicata il 7/12/2017 dal quotidiano Il Cittadino)