Uno
scrittore che vive solitario in un paesaggio di colline e steppe tra Parigi e
il mare che lambisce Dieppe si incuriosisce allo strano caso umano di un
vecchio amico, nato e cresciuto nel suo stesso villaggio, che giunto alla piena
maturità dell’esistenza rispolvera una lontana passione giovanile per i funghi
e ne diviene ben presto un appassionato cercatore, sempre più dedito e
ossessivo nelle sue indagini tra il folto dei boschi, i sentieri e i prati
delle radure fino a lasciar defluire tutto il resto, famiglia, professione e
anche le proprie decorose apparenze, in un secondo piano sempre più oscurato da
una pulsione irrefrenabile che potremmo collocare a metà strada tra la malattia
mentale e l’illuminazione ascetica. Ecco il territorio in cui si muove Pater
Handke in questa specie di favola metafisica al cui centro sta un personaggio
che fin dai tempi dell’adolescenza, molto prima di divenire un noto avvocato
impegnato in tribunali internazionali e quindi di naufragare nel suo balzano
amore per i porcini, dà segnali di uno squilibrio che lo allontana e lo distingue
dalla comune gente. Il folgorato cercatore ha oscillato fin da giovane tra presenza
e assenza, toccato da una svagatezza che era in realtà naturale dimestichezza
con un altrove percepito come naturale approdo, destino di una ricerca che gli
avrebbe fatto inevitabilmente sentire stretti i panni del professionista, del
marito e del padre. Una percezione della distanza da sé, quella che cresce nel
protagonista del saggio narrativo del settantatreenne scrittore austriaco,
simile a un senso di coscienza accentuato che anziché avviarlo alla dispersione
o a una meditazione astratta lo avvia alla concentrazione massima su un esclusivo
oggetto del desiderio: un esercizio di sempre più dettagliata individuazione
delle forme consentito dall’esame approfondito del porcino, che diverrà per lui
scuola di olfatto, di tatto, scoperta di colori e sfumature, di ambienti
propizi e luoghi riparati, di tutto un universo negletto e misterioso che
gravita attorno a questa nobile creatura appartenente al celebre regno separato.
L’avvocato di grido che volta le spalle a tutto un ambiente umano che reputa ormai
meschino e stupito accoglie come un eterno assetato i segreti bagliori di conoscenza
che rifrangono le spesso neglette divinità del sottobosco e coltiva il progetto
di un libro che non porterà mai a termine e che l’estensore della sua storia
ricostruirà per frammenti, in base a scarne testimonianze e saltuarie
confidenze dell’amico. Avrebbe dovuto essere, l’immaginario trattato, un grande
omaggio a questa “forma di eternità” in cui si sostanziano la spedizioni
boschive e dove i funghi si trasformano in una sorta di “ultimo luogo
selvaggio”. Propositi che procedono di pari passo con un delirio terrestre e
spirituale, l’avventura di un anarchico eroe che dopo avere votato buona parte
della vita all’insolita causa del meraviglioso porcino torna più o meno in sé e
viene a far visita all’appartato estensore della sua storia. Un finale come un risveglio da una favola che spezza le illusorie catene di ogni convenzione
realistica.
Peter Handke