VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

venerdì 9 settembre 2011

JOE R. LANSDALE, CIELO DI SABBIA


Jack, Tony e Jane, tre adolescenti in fuga dall’Oklahoma al tempo della Grande Depressione, rientrano a pieno titolo nella tradizione dell’avventura picaresca americana, ideali nipoti di Tom Sawyer e Huckelberry Finn. Joe R. Lansdale, popolare scrittore texano che spazia dal noir alla fantascienza, dall’horror al western, vi aggiunge il tratto distintivo di uno stile asciutto e colloquiale, marcato da dialoghi e battute che funzionano al metronomo, risentendo di quella brillantezza a volte automatica ma sempre funzionale che gli deriva dalla pratica, oltre che di poliedrico romanziere, di sceneggiatore per fumetti. La trama non ha cedimenti, la storia inanella immancabili sorprese e tutto procede secondo un copione da pellicola. Intanto, sul fondale dei paesaggi attraversati dai tre giovani, scorre il racconto di un’America segnata dalle ferite di una crisi epocale. Senza neppure seppellire i genitori - scampa alla carestia solo la madre di Jane e Tony fuggita con un piazzista di Bibbie - gli eroi di Lansdale voltano le spalle alla sventura e alle ingiustizie sociali abbandonando una terra funestata da tempeste di sabbia, pezzi di terra in polvere rossa, bianca e nera provenienti dall’Oklahoma, dal Texas e dal Nebraska che piovono dal cielo come maledizioni e soffiano nell’aria irrespirabile. La fattorie sono semidistrutte, i campi disseccati, le case pignorate con la puntuale rapacità bancaria e le scorte di cibo agli sgoccioli. Non resta che rubare la Ford del vecchio Turpin morto in veranda e ancora impolverato con il suo sigaro tra i denti e mettersi in viaggio per il Texas orientale e forse per la dorata California. Jane è la voce più eversiva del gruppetto, una graziosa silhouette con un debole per le bugie e una sfrontatezza che attira cuori e guai all’istante. E’ lei  a sferzare un calcio tra le gambe di Timmy Durango, braccio destro del gangster svaligiatore di banche Bad Tiger Malone, che li prende in ostaggio e da cui riescono a svignarsela coperti da una grandinata di cavallette. Rievocano atmosfere alla Mark Twain i bivacchi lungo i torrenti, i fuochi notturni nei boschi, le pesche alla trota mattutine con lenze di spago e chiodi ribattuti. Più attenti al volto del paese depresso sono invece i racconti dell’avvicinamento alle comunità di hoboes, i celebri senza fissa dimora degli anni Trenta che sposano un ideale libertario e vagano per gli stati del sud campando di elemosina ma anche di furtarelli, oppure quello dello sceriffo Big Bill che assolda disperati promettendo un dollaro per una giornata nei campi a raccogliere piselli e rapisce i malcapitati creduloni costringendoli a lavori forzati. Da questo delinquente in divisa i tre protagonisti riescono a fuggire una seconda volta, superando i pericoli di una palude infestata da sanguisughe e alligatori. Pietoso e delicato è l’incontro con Daggart, vecchio morente scovato nell’angolo di un vagone ferroviario preso in corsa, che deglutisce con fatica qualche boccone di cibo riuscendo almeno a spirare in compagnia. La figura di Pretty Boy Floyd, rapinatore e gentiluomo vagabondo, riscatta in parte la crudezza degli incontri sulla strada, salvandoli in extremis da un paio di hoboes snaturati che si sarebbero intascati volentieri le ultime riserve di alimenti e spiccioli. La lunga corsa di Jack e compagni si arresta in un luna park accampato a Linsdale, nel Texas orientale. E’ qui che al termine di peregrinazioni e sbandamenti mozzafiato riescono a trovare il lottatore da circo Strangler Nubowski, cui il famigerato Bad Tiger non ha perdonato un fallito colpo in banca e soprattutto la misteriosa sparizione della refurtiva. In un carnevale di spari e pestaggi si chiude il sipario su un mezzo lieto fine, con Tony e Jack che sembrano avviarsi su una strada più tranquilla e Jane che intemperante e coraggiosa come sempre dirige i suoi sogni in California.


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