VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

lunedì 19 settembre 2011

La ribellione touareg contro lo spregiudicato sfruttamento delle miniere d'uranio in Niger - La testimonianza di un guerrigliero.

Ahmed Moussa è un abile artigiano touareg che confeziona gioielli in argento, ebano e pietre dure. Offre il tè nella stanza dove alloggia insieme ai suoi tre fratelli, tutti orafi e mercanti di preziosi originari della regione di Agadez. Parla del suo paese, di vecchi che si tolgono le scarpe prima di entrare in macchina, gente di poche parole, dignitosamente arcaica, che non ama lamentarsi né chiedere aiuto. Racconta di dune desertiche alte quattrocento metri, gli occhi che tracciano il margine delle montagne di sabbia come se le vedessero. E’ questo puro piacere di comunicare emozioni a farmi intuire che Ahmed è un uomo speciale. Siamo in stagione di piogge*, periodo morto, di poco lavoro a Dakar, in cui gli amici touareg rientrano ai loro villaggi natale per una quarantina di giorni. Hada, il colto e devoto fratello maggiore che la sera salmodia versetti coranici, parte domani con gli altri. Solo Ahmed resta di guardia alla base senegalese. Bamako (Mali), Ouagadougou (Burkina Faso), Niamey (Niger), poi altri mille chilometri verso il nord del paese e Agadez. Questo il percorso in pullman che attende i tuareg diretti alla loro terra d’origine, tre giorni di viaggio senza soste e con gli incerti dei posti di blocco dei militari di Niamey. Ma non possiamo fare altro, dobbiamo pure tornare a casa, mormora Hada preparando i bagagli. In Niger è guerra: un conflitto che si è riacceso nel febbraio del 2007, quando il Movimento degli abitanti del Niger per la Giustizia (Mnj) ha imbracciato le armi e ha attaccato la caserma di Iférouane.

guerriglieri touareg

Provviste di munizioni, quindici morti e ottantasette prigionieri tra i militari dell’esercito regolare: un fragoroso debutto che ha siglato l’avvio dell’ultima ribellione touareg (anche se del Movimento, che combatte per la giustizia di tutti i nigerini, fanno parte anche haoussa e fulani scontenti del Governo dell’ex colonnello e presidente della Repubblica, Mamadou Tandja). La prima ribellione touareg risale ai primissimi anni Novanta. La sigla che allora riuniva i guerriglieri nascosti lungo i pendii del massiccio dell’Air era il Flaa (Fronte di liberazione dell’Air e dell’Azawad), il cui fondatore e leader Rhissa Ag Boula vive oggi tra Parigi e Bruxelles, condannato a morte in contumacia dal regime di Niamey per l’omicidio nel 2004 di Adam Amangué, un militante del partito al potere. Le rivendicazioni all’origine della rivolta erano le stesse di oggi: maggiore equità sociale nei confronti della minoranza touareg concentrata nelle zone desertiche e montuose settentrionali e soprattutto una parziale redistribuzione degli enormi proventi derivanti dall’esportazione dell’uranio a beneficio della popolazione locale. Il Niger, oltre a possedere importanti giacimenti petroliferi e cospicue riserve di carbone, è il quarto produttore mondiale di uranio nonché uno dei paesi più poveri del mondo. Le miniere sono concentrate nella regione di Agadez e dal 1960, anno di proclamazione dell’Indipendenza, fino al principio del 2000 è stata la Francia, vecchio potere coloniale, ad avere l’esclusiva sull’estrazione del prezioso elemento radioattivo. L’ottantacinque per cento dell’energia elettrica francese è prodotto da centrali nucleari, di cui un terzo è alimentato dall’uranio fornito dall’Areva, la società che gestisce le miniere del Niger. L’annuncio dato dall’ex chef dei ribelli Rissa Ag Boula di un imminente attacco del Mnj a queste miniere ha provocato – il 31 dicembre scorso – una drammatico tonfo in borsa delle quotazioni Areva.  Gli scontri dei primi anni Novanta cessarono con la sottoscrizione degli accordi di pace del 1995. Tali accordi prevedevano la reintegrazione dei ribelli nell’esercito regolare e l’impiego prioritario di touareg nelle società minerarie del nord cui è seguita nel 2006 una legge per la quale il 15 percento dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle materie prime dovrebbe essere destinato alle collettività locali interessate. Ma nessuno di questi punti è stato rispettato e i villaggi nella regione di Agadez sono ancora oggi privi di scuole, di strutture sanitarie elementari, di dispensari, per non parlare della penuria di pozzi e delle difficoltà di accesso all’acqua potabile. E accanto a questi enormi disagi ci sono le conseguenze dell’esposizione diretta a sostanze radioattive, trattate senza le necessarie norme di sicurezza, con una crescita esponenziale dei casi di tumore tra gli abitanti della zona.

la cartina geografica del Niger

“Abbiamo fatto un grave errore a consegnare le armi. Ci siamo indeboliti illudendoci che gli accordi siglati nel 1995, garanti diversi stati confinanti, avessero un valore effettivo. In realtà abbiamo dato l’opportunità al regime di Niamey di continuare a ignorarci”. A parlare è un giovane guerrigliero, Aghali, ex operatore turistico ad Agadez, che dopo due anni di lotta ha lasciato il Niger attraversando il confine desertico con il Mali ed è entrato da una decina di giorni in Senegal. La bionda fidanzata austriaca ha fatto di tutto perché scendesse dalle montagne dell’Air e la seguisse in Europa. Un visto e un permesso di soggiorno emesso direttamente dall’Ambasciata sono quasi pronti, anche se lui non sembra molto convinto. Gli amici di Dakar assicurano che Aghali pensa continuamente di tornare a combattere e non è detto che all’ultimo tuffo si decida per un clamoroso ritorno. “Delle millecinquecento persone che lavorano nella storica miniera di Arlit” continua a raccontare con la strana serenità che accompagna sempre e comunque i tuareg, “soltanto 150 provengono dalla regione di Agadez. Le società minerarie preferiscono impiegare manodopera del sud lasciando la popolazione locale il più possibile estranea ai loro affari”. La nuova ribellione, iniziata nel febbraio 2007 con l’attacco alla caserma di Iférouane e la creazione del Mnj a opera di Amoumoune Kalakoua e Abubacar Alombo, quest’ultimo caduto in combattimento e il cui fratello, Aghaly Alombo, è l’attuale presidente del Movimento, è stata una reazione ad atteggiamenti sempre più intollerabili e autoritari del governo di Niamey. I tre ministri touareg attualmente in carica sono impotenti e impossibilitati a prendere decisioni in favore della loro gente. Il prezzo dell’uranio è intanto passato tra il 2001 e il 2007 da 7 a 45 dollari la libbra. Il Niger, diversificando i suoi partner, ha dato decine di nuove concessioni e permessi di ricerca a un largo ventaglio di paesi tra cui la Cina, il Canada, l’Australia e il Sudafrica. La società francese Areva ha ottenuto all’inizio del 2008 il permesso di sfruttamento del giacimento di Imouraren, seconda riserva mondiale. Il presidente Mamadou Tandja, preoccupato di difendere gli interessi di un’élite affarista ed etnocentrica (l’ex colonnello è per metà haussa e per metà peul), rifiuta sistematicamente ogni dialogo con il Mnj e ha decretato una specie di stato d’urgenza nella regione. I militari di Niamey hanno carta bianca e non si trattengono da pesanti rappresaglie su civili impunemente assassinati. Messi al centro di una tendenziosa campagna di discredito, i guerriglieri touareg sono accusati di essere niente più che trafficanti di droga o perfino terroristi. Accuse che appaiono al momento infondate, vista la povertà dei touareg che gli impedirebbe di comprare e rivendere la cannabis in transito dal Marocco al Mediterraneo e vista la mancanza totale di appoggi esterni del Mnj, le cui munizioni sono per la maggior parte frutto delle imboscate tese alle milizie governative. Si tratta di un movimento che agisce con mezzi limitati e che sfrutta soprattutto l’impareggiabile conoscenza del territorio. Comunicazioni satellitari e Internetrendono più agile ed economica la guerriglia contemporanea e il prezzo di un kalachnikov è sceso dai 500 dollari del 1991 ai 150 odierni. Le popolazioni arabe, inoltre, non sono tradizionalmente in armonia con la storia e la cultura touareg, ciò che rende improbabile uno slancio fraterno verso le posizioni del fondamentalismo islamico. “Tutte le accuse del governo sono false”, conferma Aghali, che porta lo stesso nome del presidente del Mnj ed è nato nello stesso villaggio. “Il nostro vero vantaggio è quello di combattere nella terra dei nostri antenati. Se una pattuglia governativa esce in perlustrazione o in missione offensiva, la avvistiamo a cinquanta chilometri di distanza e abbiamo il tempo di posizionarci”. Parlare con questo ragazzo che racconta alcune prodezze compiute da lui e dai suoi compagni è come avere a che fare con l’esponente di un gruppo di eroi animati da un legittimo anelito alla giustizia ed estranei alle meschine ragioni delle guerre combattute per interesse. File di guerriglieri che contano oggi più di tremila uomini a cui continuano ad aggiungersi nuove reclute. “Nel gennaio del 2008 abbiamo tenuto in scacco per quattro ore il villaggio di Tanout, prelevato il prefetto, il capo della Gendarmeria e quello della Guardia militare oltre a sette prigionieri. Il 27 giugno scorso, un anno esatto dopo l’inizio delle ostilità, ci hanno attaccato con due sofisticati elicotteri presi in affitto da un paese straniero. Abbiamo avuto diciassette morti, tra cui il Vicepresidente del Mnj, ma un elicottero, del valore di circa trenta milioni di euro, è stato abbattuto e l’altro seriamente danneggiato. Le milizie governative sono accampate ad Agadez e Arlit, ma senza copertura aerea non osano avventurarsi tra le montagne dell’Air”. Le Mouvement des Nigériens pour la Justice ha creato un sito web nel quale sono pubblicati aggiornamenti sullo stato della ribellione e le operazioni militari, analisi sulle strategie del governo del Niger per marginalizzare i touareg e sfruttare liberamente le risorse del sottosuolo, pubbliche accuse e dichiarazioni ufficiali. Tra queste ultime ci sono quelle che rimarcano l’impegno dei combattenti touareg a rispettare i valori umani, la dignità dei cittadini del Niger fatti prigionieri e le norme della Convenzione di Ginevra. La trascrizione di un discorso dell’attuale presidente del Mnj, Aghali Alambo, annuncia la presentazione di un dossier d’accusa contro il capo supremo dell’Esercito e i predatori della ricchezza nazionale presso il Tribunale penale internazionale per i crimini contro l’umanità.

Notizie e testimonianze alla base del reportage risalgono al mese di luglio del 2008.

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