Apparsi
sulle più prestigiose riviste e testate inglesi e americane nell’arco
dell’ultimo trentennio, questi saggi e reportage frutto della piena maturità di
Martin Amis sono eclettici regali di arguzia, passione e grande stile. La
sistemazione, a temi alterni, ricorrenti, del variegato materiale, apre e
chiude il libro con l’ambito più specificamente letterario, dove lo scrittore
britannico mostra tutto il suo notevole talento, in particolare con indagini scrupolose
e appassionate attorno ai due autori in cima alla scala dei suoi prediletti, Vladimir
Nabokov e Saul Bellow, seguiti, alla voce Letteratura
- che ritorna puntualmente come basso continuo e cuore del volume - da una
ristretta cerchia di poeti e narratori di primissimo livello: Philip Larkin, Iris
Murdoch, Don De Lillo, J.G. Ballard, Anthony Burgess, Philip Roth e John
Updike. Negli spazi che si aprono tra i diversi capitoli del sottile lavoro di
saggista si disinnesca invece l’onnivora curiosità dello scrittore postmoderno
alle prese con il disordine del mondo.
Martin Amis
Ubbidendo alla prensile volontà di
smascherare le seducenti superfici ma soprattutto le contraffatte oscenità del
contemporaneo, Amis passa dal resoconto di un torneo di poker cui partecipa muovendosi
tra la colorata umanità dei tavoli da gioco, i bar, le stanze d’albergo e tutte
le iperboliche nonché pacchiane invenzioni di Las Vegas alla disincantata
analisi della pruriginosa febbre popolare cresciuta attorno al tremendo epilogo
della principessa Diana e alla reazione di quel cuore eternamente abbottonato
della regina madre, dalle perlustrazioni nei devastati barrios colombiani in cerca dei giovani assassini menomati della
città di Cali alle indagini dal vivo nell’universo in espansione della più
pesante pornografia americana, dal ritratto dell’anarchico Dieguito Maradona a
quello riuscitissimo di John Travolta, ripreso tra vertiginosi successi,
improbabili resurrezioni e drammatici sprofondi. Ma il ventaglio si apre
ulteriormente, e sotto la rubrica Sport il
vecchio amore per il tennis si traduce in divertiti e gustosi affondi nelle
bizze caratteriali e negli esorbitanti ego di campioni d’epoca quali Jimmy
Connors, Andre Agassi e John MacEnroe, puerilmente intemperanti se paragonati a
un altro fenomeno morigerato e saggio come Pete Sampras. Non mancano, infine,
le stoccate anticonformiste a una certa indulgenza buonista e liberale verso un
islam che assume troppo spesso accenti da fanatismo apocalittico. Alla voce Politica spiccano le pagine mordaci
attorno al disastro, in primo luogo psichico e linguistico, di Donald Trump,
mentre si rileggono con commossa meraviglia le parole dedicate all’amico ormai morente
Christopher Hitchens, la cui eccezionale libertà di pensiero, sfidando
tornaconti personali e infischiandosi di occasionali impertinenze, si è sempre
gloriosamente guardata da ogni compromesso.
(recensione pubblicata sul quotidiano Il Cittadino il 4 luglio 2019)
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