VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

mercoledì 8 maggio 2013

EDUARD LIMONOV - IL LIBRO DELL'ACQUA



E’ raro imbattersi in un quadro più attendibile e inquietante della Russia postsovietica. Quello di un potere centrale che tiene a fatica le briglie di ottantanove regioni attraversate in gran parte da movimenti indipendentisti combattenti. Un mondo di guerriglieri, mercenari, capibanda, fondamentalisti, armate regolari, servizi segreti, trafficanti e un coacervo di etnie spaventoso. In mezzo vi scorrazza Eduard Limonov, fondatore e presidente del Partito nazionalbolscevico, una formazione sorta nel ‘93 che raccoglie malcontento e naziskin, frange estreme di destra e di sinistra in un iconoclasta credo post-ideologico. Amante del mitra e della penna, questo provocatore mediatico che ostenta machismo e pedofilia ha ormai al suo attivo una quindicina di libri, racconti e romanzi nei quali il protagonista è ogni volta lui stesso. Un processo di instancabile autofiction in cui il suo narcisismo ipertrofico si espande con una scrittura colma di aneddoti e incurante di moine stilistiche. Una specie di fluviale reportage a puntate in cui lo scrittore guerriero racconta una vita che avventurosa è dire poco. Per il suo ultimo libro, scritto nel 2002 nel carcere di Lefortovo dove sconta una pena per sospetta attività terroristica e traffico d’armi, Limonov inventa una struttura che permette di entrare e uscire dal racconto liberamente, aprendo, se si vuole, le pagine a caso. Episodi che coprono circa un trentennio di vita, dagli anni ‘60 ai ’90, sono associati a mari, fiumi, laghi, stagni e qualsiasi bacino idrico capace di sollecitare un ricordo significativo. L’ordine cronologico e quello dei luoghi è sovvertito come in un mosaico che il lettore ricompone a piacimento viaggiando tra gli Stati Uniti e la Francia, l’Italia, i Balcani, l’Inghilterra e il caleidoscopico affresco delle Repubbliche della ex Unione Sovietica. Capita di sorprendere l’autore a New York mentre lavora come maggiordomo in casa di un milionario americano dove consuma esagitate storie di letto tra una piccola e culona pianista russa, una star tettona del cinema polacco e la sua ex moglie. Le donne, come la guerra e i pericoli, sono onnipresenti e potrebbero essere accanto all’acqua l’altra chiave d’accesso ai ricordi. Le gesta amatorie del libertino scrittore tanto dongiovanni quanto cornuto compongono un elenco di sconcertante ricchezza. La relazione con la sedicenne Naskja che porta a spasso per Mosca fingendo di esserne il padre è la punta più scandalosa di questa abbuffata di sesso sregolato. Ma in Limonov tutto è scandalo e provocazione. L’anarchismo ribelle di questo cultore del rischio giunge fino agli avamposti remoti della Siberia e dell Tagikistan, dove è scortato dai suoi fanatici nazionalbolscevichi e incalzato dai servizi segreti. Prende accordi con signori della guerra locali, intesse doppie relazioni con colonnelli d’armata inviati dalla capitale per sedare le rivolte, rilascia tumultuose interviste, inscena eventi promozionali di un partito che cerca adepti tra gli insoddisfatti di ogni origine e risma. Ma sa anche rievocare con delicatezza le innumerevoli passeggiate lungo la Senna, accanto alla quale ha vissuto ben quattordici anni, i pomeriggi di sole cittadino tra parigine in topless, arabi guardoni dai ponti e una piccola folla di artisti che frequenta in compagnia della moglie Natasa. Gli arresti a raffica che si abbattono su amici e membri del Partito nazionalbolscevico, all’ombra di granate e kalashnikov, convivono con descrizioni idilliache della natura selvaggia delle plaghe russe dove si mischiano “l’odore della carne e del grasso di montone, del pane al forno, del sudore dei soldati, dell’olio delle macchine e delle armi e un intenso profumo di fiori”. Un carnevale ubriacante di bellezza barbara e assolutamente
attuale.                 
   
Eduard Limonov

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