VINCENZO MARIA OREGGIA

BIOGRAFIA, LIBRI, RECENSIONI, INCONTRI, REPORTAGE

domenica 20 novembre 2011

LUKAS BARFUSS - CENTO GIORNI

Dopo alcuni vagabondaggi giovanili David Hohl si ritira in un freddo paesino tra le montagne svizzere del Giura. Animato da un puro anelito di giustizia planetaria medita una partenza per l’Africa al seguito della Direzione della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario. Nel giugno del 1990 è all’aeroporto di Bruxelles in procinto di imbarcarsi per Kigali, quando si imbatte in Agathe, capricciosa e affascinante ruandese che lo mette nei pasticci con la polizia aeroportuale ritardando di alcuni giorni la sua partenza. Attrazione e perplessità, malia e inquietudine, vanesia esteriorità e carnalità profonda sono le contradditorie impressioni suscitate dalla ragazza africana, che offre al giovane europeo un assaggio di ciò che lo attende in Ruanda. Lukas Bärfuss, drammaturgo di lingua tedesca nato a Thun nel 1971, racconta nel suo primo romanzo la complessa realtà di un paese decolonizzato e segnato da ciniche politiche coloniali, abitato da gente in apparenza pacifica e ordinata, contadini operosi e ubbidienti agli ordini del “buon” dittatore Hab. Il Ruanda che accoglie David Hohl è un’isola riparata dalle ferite dell’Africa più cruda, dall’inferno della fame e delle epidemie devastanti; è un luogo in cui i volonterosi occidentali si sentono al sicuro, innanzi tutto con le proprie coscienze, impegnandosi nella nobile opera di sostegno allo sviluppo. Kigali è una capitale sonnolenta, dove gruppetti di bianchi, in maggioranza cooperanti, funzionari e addetti di Ambasciata, si ritrovano nei soliti bar a imbolsire in compagnia di cattivi alcolici e giovani prostitute. Missland, il più spregiudicato e sincero tra loro, introduce David all’aspetto ambiguo e rimosso della gente ruandese, sospettata di una costante doppiezza e incline a una disciplina pronta a degenerare in ferocia classista. L’iniziazione africana del protagonista che si racconta in prima persona passa attraverso la convulsa avventura amorosa con la ritrovata Agathe, con il mistero di una sessualità immune dalla vergogna alternata a improvvisi irrigidimenti in canoni e pregiudizi tradizionali: una ragazza combattuta tra i sogni di Bruxelles e la realtà di un paese che la richiama alle sue logiche razziali. David sperimenta le ipocrisie della cooperazione, ascolta gli sproloqui attorno alla necessità di una democrazia inverosimile, rischia la vita in un bagno di folla addensata in occasione della visita di papa Woityla, osserva gli ultimi gorilla di montagna protetti come rare divinità: grandiosi animali da cui emana uno strano afflato spirituale, capaci di un’immersione così serena nel presente da suscitare la nostalgia di un mondo irrimediabilmente perduto. Conosce la selvatica bellezza africana accompagnata dal suo osceno controcanto, e come atto finale del soggiorno ruandese vive da testimone diretto una della più grandi carneficine della storia. La calma della cosiddetta Svizzera d’Africa riposava su un’inconfessata vergogna: la divisione della popolazione – incoraggiata e ufficializzata sulle carte di identità nazionale dalla vecchia amministrazione belga - in Corti e Lunghi, Tutzi e Hutu. Non si era trattato di una differenziazione etnica, ma di una classificazione per rango sociale irrigiditasi nel tempo in due schiere di individui in competizione per il potere. Nel giugno del 1994, la martellante propaganda governativa, messa a punto con il contributo di consulenti occidentali, raggiunge il suo scopo e squadre di Corti armati di machete e bastoni danno avvio a una scrupolosa mattanza. Ottocentomila esseri umani uccisi in cento giorni sotto gli occhi di una comunità internazionale colpevolmente inattiva. Rimasto a Kigali quando tutti gli europei sono ormai fuggiti, David segue l’orrore fino ai campi profughi ammorbati dal colera lungo il confine del paese, dove anche l’inquietante avvenenza di Agathe è ridotta a un teschio morente.                

Lukas Barfuss
            

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