venerdì 11 ottobre 2013

ALICE MUNROE - IL PERCORSO DELL'AMORE



La scrittrice canadese, tra i massimi esponenti del genere narrativo breve, descrive situazioni essenziali, quadri limitati a piccoli gruppi familiari nel cui ambito emergono anomalie illuminanti, increspature e ombre rintracciate nella vita passata o presente dei protagonisti. E’ la storia in apparenza minore a interessare la Munroe, quella che rimane inconfessata in fondo alla memoria individuale e plasma un carattere. Il paesaggio è il Canada rurale immerso in una natura forte, fredda, popolata da spigolosa gente provinciale. La doppia versione del tentato suicidio di una madre diventa occasione per gettare una sonda nei lontani ricordi della figlia testimone dell’atto. Un uomo confessa alla ex moglie la morbosa relazione con la giovane amante e scopre il sipario sulla dipendenza da un lolitismo raccontato attraverso i patemi di una conversazione telefonica. Una lente di ingrandimento dilata frammenti di vita caricandoli di senso e dilemmi sospesi. In uno dei racconti più belli, La catena di preghiera, la protagonista si interroga attorno alla consistenza di uno di questi strani frangenti lasciando trasparire segnali sull’intera poetica della scrittrice. “Una volta fuori, però, nulla è davvero diverso. Che cosa saranno mai questi momenti estraniati, chiazze ben delineate in seno alla vita; che cosa c’entrano con tutto il resto? Non si tratta esattamente di promesse. Respiri dilatati. Tutto qui?” E’ impossibile determinare la reale consistenza di ciò che è passato. A volte sono errori o prospettive illusorie a comportare le conseguenze più gravi. Come quando la bambina del racconto scelto per il titolo della raccolta crede morta la madre prossima ad impiccarsi e fugge in cerca di aiuto. O quando il Colin ancora adolescente di Monsieur les deux chapeaux è convinto di aver ferito mortalmente il fratello Ross, un quasi folle al quale, dopo quel lontano episodio, dedicherà una vita di cure e attenzioni. Anche l’esistenza della protagonista di Miles City, Montana è scossa da un’epifania frutto dell’illusione allorché crede per qualche attimo annegata la piccola figlia che sta scherzando in piscina. La madre, nel riflusso dello shock, compie alcuni esercizi di immaginazione ipotizzando il corso che avrebbe preso la sua vita nel verificarsi di un caso così tragico. In realtà non è accaduto niente, ma un rassicurante equilibrio interiore si è rotto e in una quotidianità senza molto di nuovo ha fatto capolino l’idea della caducità universale. Lo stile che sostiene questa ricerca tra ordinario metafisico è marcato da un’aggettivazione parsimoniosa e incisiva. Nudo come lo sono l’ambiente naturale e i ritratti umani. Capita di imbattersi in salti temporali che spostano l’azione avanti e indietro nel tempo. I ricordi della vita di provincia, come in La luna nella pista di pattinaggio, pur nella verifica dell’occhio retrospettivo, sono percorsi da un’ambigua nostalgia. Alla sofferenza dei tempi che furono si unisce l’orrore per il male consumato anche allora. L’immaginaria e bucolica tranquillità provinciale svanisce in un attimo, in un isolato paese invernale, con la scoperta del suicidio di due pensionati. Raptus, racconto di dissimulata ferocia, inizia da qui a presentare lo spettacolo delle chiacchiere e dei pettegolezzi che si rincorrono affamati di scandalo.   

Alice Munroe, Premio Nobel per la Letteratura 2013




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