sabato 15 settembre 2012

MARCO AIME - IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA


L’immagine dell’antropologo vecchio stampo, metà scienziato e metà avventuriero in mondi e società sconosciute, è stata oggi sostituita da quella di uno studioso alle prese con un complesso sistema di relazioni umane da sondare verificando di continuo la propria posizione di osservatore. L’antropologia culturale, prese le distanze dall’etnocentrismo di matrice coloniale, predilige un atteggiamento relativista, consapevole del fatto che la metodologia di approccio condiziona i risultati e che l’equilibrio da ricercarsi corre lungo il labile confine tra sguardo eccentrico e osservazione partecipante. Marco Aime, in questo libro che è un compendio del pensiero antropologico degli ultimi due secoli e al tempo stesso una sua rilettura originale, sceglie per la sua esposizione un approccio “percettivo” e attraversa molteplici sistemi culturali partendo da concetti elementari quali corpo, procreazione, alimentazione, comunicazione, scambio, creatività, credenze soprannaturali. Dopo una panoramica introduttiva sulle diverse scuole di pensiero cha vanno dall’evoluzionismo sociale della seconda metà dell’Ottocento al postmodernismo statunitense nato negli anni Settanta del Novecento sulla scia della decolonizzazione, l’indagine attorno al corpo racconta la sua trasformazione, comune a tutte le società, da corpo naturale in corpo culturale. Le capigliature rasta delle popolazioni oromo dell’Etiopia, le pitture facciali e quelle corporali degli hagen della Nuova Guinea, le scarificazioni e i tatuaggi, questi ultimi di origine polinesiana ed esportati in occidente dai marinai dell’epoca, sono segni di un corpo malleabile. Si tratta di interventi che incidono a volte oltre la pelle, come nel caso dell’allungamento del collo, dei piattelli labiali, della dolicocefalia o allungamento del cranio presso i mangbetu congolesi, della compressione dei piedi e delle mutilazioni genitali, fino alle varie pratiche della chirurgia estetica e a quella del piercing. In conformità all’idea di un uomo che inventa la propria vita restando in bilico tra natura e cultura, pulsioni istintive ed elaborazioni concettuali, anche la procreazione, la crescita e la morte sono percepite in modo specifico nei differenti contesti sociali. Il parto gemellare può essere considerato un segno malefico o una benedizione. L’età biologica assume un significato sociale grazie a un sistema di divisione della popolazione per classi di età che ubbidisce alle regole delle diverse culture. L’idea di “commestibilità culturale” ci trasforma da semplici mangiatori biologici a mangiatori sociali di un cibo che dev’essere prima di tutto “buono da pensare”, filtrato da condizionamenti religiosi e rigore tradizionale. Le forme di linguaggio, così come le scritture, siano esse pittografiche, logografiche, ideografiche o alfabetiche, sono marcate da una straordinaria biodiversità, che rende variegato anche il panorama delle tradizioni orali, specie africane, con la loro spettacolare dimensione teatrale. Povero e omologato è il nuovo linguaggio del web, delle chat lines, degli sms e delle email, in cui l’antropologo vede la deriva della scrittura verso modalità sempre più colloquiali. Il relativismo critico di Aime è particolarmente affilato quando, tra le varie forme di governo, passa al vaglio quella democratica. La misura della democrazia è da ricercarsi nella sua effettiva pratica partecipativa piuttosto che nella sua impalcatura formale, un modello che si regge essenzialmente sulla delega delle decisioni ad altri. La gestione collettiva e partecipata del consiglio di villaggio appare così più democratica di molti governi parlamentari africani modellati sul sistema occidentale. Un breve viaggio attorno al concetto di arte dimostra invece come l’originalità, ritenuta suo fondamento, non è in realtà un dato universale ma spiccatamente culturale e talvolta neppure indispensabile, come nel caso del Sudest asiatico, dove gli artisti tendono a riprodurre schemi tradizionali. 

Marco Aime

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